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Noto: pubblicato “Nel nome dell’Italia. Il delitto Mirmina” di Enzo Papa

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Noto: pubblicato “Nel nome dell’Italia. Il delitto Mirmina” di Enzo Papa

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 “Nel nome dell’Italia. Il delitto Mirmina”

( Noto,1920) nel  recente libro di Enzo Papa

di  Antonio Di Grado

Se Leonardo Sciascia avesse potuto dar seguito a tutte le sue curiosità, alla sua voglia d’indagare, di smascherare le imposture, di aggiungere nuove quinte e nuove maschere al suo già gremito “teatro della memoria”, di libri ne avrebbe scritti da riempire una biblioteca. Ma i suoi spunti, le sue congetture li regalava volentieri (vedi quel “caso Interlandi”, del fascistissimo Interlandi nascosto e salvato nel dopoguerra dall’avvocato antifascista, di cui scrissero poi Mughini e Vitale), o li consegnava a un effimero commento, a un auspicio: come quando, nel 1979 a Noto, al cospetto della lapide in memoria d’un giovane socialista assassinato nel 1920 «da ignobile mano sicaria», sussurrò a chi gli stava vicino che di quella storia di «mala giustizia» occorreva (e forse avrebbe voluto) scriverne.

La Piazzetta dell’Immacolata con la lapide a ricordo di Paolo Mirmina, l’operaio socialista qui ucciso durante una manifestazione proletaria il 3 ottobre 1920, data con cui nel 1944 fu denominata la Piazzetta.

Chi gli stava vicino era Enzo Papa, intellettuale netino e da sempre a Siracusa infaticabile organizzatore di cultura (a lui si deve la recente rinascita del premio Vittorini), e lui stesso scrittore, sciascianamente scrittore, indagatore di casi insoluti e di snodi ignorati della nostra storia, in un bel numero di saggi e prove narrative, più nota e recentemente riedita La città dei fratelli.

E oggi, a quarant’anni da quell’incontro e a trenta dalla scomparsa dello scrittore, Papa fa onore a quel monito (ma tutta l’opera sua si snoda come un dialogo con Sciascia e con la sua idea di letteratura): ecco dunque questo Nel nome dell’Italia. Il delitto Mirmina. Titolo antifrastico: e non a caso associato a un delitto, a uno dei tanti delitti “di stato”, o di una giustizia asservita ai poteri e agli averi di oligarchie locali sopraffattrici e trasformiste. Come i Sallicano di Noto, come quel Corrado che a Noto fu sindaco prefascista, podestà fascista e infine sindaco repubblicano: sintesi vivente della nostra storia di occasioni tradite e perpetuazione del medesimo immobilistico, ineluttabile dominio.

Ma chi era, invece, Paolo Mirmina? Era un giovane contadino, reduce dalle trincee e dagli orrori della “grande guerra”, grande solo nel numero delle vittime di quell’insensato massacro. Tornato a Noto, l’avevano conquistato quelle bandiere rosse non più di sangue ma come il sole d’un avvenire di giustizia sociale. I notabili netini, avidi rentiers o professionisti servili, e tutti massoni, in testa i Sallicano, si servivano largamente della «maffia locale» per ostacolare o soffocare le iniziative di quei socialisti che gridavano ancora «Viva la rivoluzione, abbasso la borghesia!», ancora (e infatti c’è di mezzo un secolo, 1920-2020, che ha via via estinto ogni ideale e ci ha accomodati in questo mondo di misfatti e d’imposture) sapevano vivere di fede e di speranza in un mondo diverso e più giusto.

Il prof. Enzo Papa, autore del libro sul delitto Mirmina in Noto il 3 Ottobre 1920.

E fu durante un comizio socialista, come al solito boicottato dalla gazzarra malavitosa orchestrata dai Sallicano, che il giovane Mirmina fu assassinato da uno di qui “bravi” manzoniani, il pregiudicato Sgandurra. Di quei fatti, e del successivo processo, Enzo Papa ha consultato le cronache e gli atti con uno scrupolo degno appunto di Sciascia, così come limpidamente sciasciana è la prosa del suo resoconto, definito dallo stesso autore – con lodevole umiltà – «scritto alla sua maniera, ma certamente non con la sua acutezza».

Ed è proprio in quel processo, accuratamente rendicontato, che si celebra tutta l’ignominia del Potere, officiata da un pool difensivo diretto dal politicizzatissimo principe del foro catanese Gabriello Carnazza, da lì a due anni ministro del governo Mussolini. Mirabile nella sua perfidia, la linea difensiva di Carnazza, che con abilissima spudoratezza ribalta torti e ragioni, colpevoli e vittime in un capolavoro di mistificazione che pur s’appiglia alle contorsioni e ai varchi della Legge, come sempre altrettanto fruibile da chi persegue la giustizia e da chi perpetua il privilegio e l’impostura.

Il verdetto: ovvio, tutti assolti, l’assassino di Mirmina e il suo complice. E i mandanti, i Sallicano? Più che ovvio: nemmeno citati in giudizio. Vincitori ieri, oggi, domani.

Antonio Di Grado

             NOTA BENE: Il testo di cui sopra è tratto dal quotidiano LA SICILIA  di                 Catania del giorno 5 Ottobre 2020 che si ringrazia per la collaborazione.

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