subscribe: Posts | Comments

Noto: “Sfogliando ancora altre mie pagine…” di Nuzzo Monello.

0 comments

L’Infiorata di Via Nicolaci 

il nuovo Epònimo,

l’Arazzo floreale del “Giardino di pietra”.

Proseguiamo a sfogliare

il nuovo volume di Nuzzo Monello:

TERZA PUNTATA

   Noto,21 Luglio 2021- Le prime due puntate del presente servizio sono state pubblicate su questo giornale il 12 ed il 20 Giugno u.s. mentre proseguiamo nella pubblicazione di altre mie PAGINE SCELTE dal volume di Nuzzo Monello sull’Infiorata di Via Nicolaci. (B.Iacono)

di  Nuzzo Monello 

Vallo di Noto  

Le verità su Noto, si è detto prima, proprio perché di ogni medaglia esiste il suo rovescio, Noto non è esente da criticità passate e presenti. Da una parte le sue bellezze e dall’altra le sue debolezze. Quest’ultime s’annidano in parte nelle sue contraddizioni tra i discorsi di palazzo e la realtà fattuale, tra monumentalità e anonime costruzioni, tra centro e periferia, tra benessere e precarietà, tra staticità e sviluppo economico, tra fiorenti ricordi e inaridito presente, tra potere e cittadini, tra gli abbienti e gli eterni bisognosi.

Copertina della prima copia della Rivista Netum,Ottobre 1975.

E come alle luci dell’evidente barocco, le ombre fanno da contraltare al suo modello di vita, talvolta si rivela insoddisfatta, altre volte raggiante di modernità mai docile che contrasta ogni spigolosità. Dai primi anni ’70, a Noto si possono annoverare diversi fermenti  culturali, ricordiamo qui l’associazione ISVNA (28 gennaio 1970), cofondatore Bruno Ragonese per lo Studio e la Valorizzazione di Noto Antica, la Sicula Editrice Netum (9 agosto 1972) fondata dal Prof. Biagio Iacono, nata per diffondere e rivolgere la sua attenzione a pubblicazioni legate alla città di Noto e al suo immenso patrimonio archeologico, artistico e culturale che indaga inoltre le problematiche legate all’urbanistica e alla qualità dei restauri messi in opera nella città.

A partire dall’ottobre 1975 attraverso la fondazione “Rivista Netum“, mensile di arte, cultura e informazione, inizia una vera e propria battaglia per salvare Noto dalla cementificazione selvaggia degli anni ’70 avvalendosi della collaborazione di prestigiose firme di studiosi locali, nazionali e persino d’oltreoceano. Erano anche i tempi in cui la caccia era molto praticata e  le  doppiette  venivano esibite con orgoglio, rappresentavano lo status di forza delle classi sociali più abbienti, e culinaria di sopraffina selvaggina. Quelle canne  di  fucili  venivano  mostrate  e valutate  come  il  culmine della predazione delle intelligenze venatorie. (pag. 33)

R.N.O. Oasi Faunistica di Vendicari

(14 marzo 1984) 

I pantani di Vendicari, nei brevi giorni della passa e sosta delle anatre, divenivano il luogo del massacro degli uccelli di transito dal sito, prima obbligata tappa migratoria.

Il fuoco incrociato delle doppiette spargevano piombi in cielo come le scintille delle luminarie artificiali diurne di festa di paese. Opportunamente appostate tra i cespugli, a terra e dentro le barchette, per raggiungere i migliori posti sugli specchi stagnanti dei pantani, non lasciavano scampo agli sfiniti volatili, costretti alla sosta che non ambivano ad altro se non di posarsi per alimentarsi e riposarsi dalle lunghe trasvolate.

R.N.O. Oasi Faunistica di Vendicari – 14 marzo 1984.

Lì, in quel paradiso loro naturale ritrovo di vita, vi scoprivano la morte; noi qualche anno dopo ne stimavamo l’estinzione. Intanto, l’espansione delle opere pubbliche e private reclamava sempre più sabbia per le colate cementizie e Vendicari era divenuta per la predazione edilizia, la cava ideale, per le sue dune che lungo la baia sbarravano l’esuberanza e l’erosione dei flutti dello Jonio, luogo di deposizione delle uova della minacciata tartaruga marina Caretta caretta. Il dilagante fenomeno di depauperamento dell’avifauna e della costa, aveva anche riscontri preoccupanti nei territori archeologici dell’Altopiano Ibleo e di Cava Grande di Avola (oggi del Cassibile) invasi e vilipesi, dall’irresponsabile turismo stagionale, nei loro aspetti culturali e naturalistici.

R.N.O. Cavagrande del Cassibile (13 ottobre 1990) ~ Laghetti di Avola.

Fortunatamente questi aspetti trovarono ambiti di notevole contrasto nelle previsioni del saggio piano regionale ecologico dell’allora Ente Zoo della Fauna Siciliana (31 gennaio 1973) fondato da Bruno Ragonese, oggi Ente Fauna Siciliana, inerente all’istituzione della Riserva Orientata di Vendicari (14 marzo 1984), sostenuta da Docenti del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche ed Ambientali, dell’Università di Catania, presieduta dal Prof. Alfredo Petralia e dal Segretario Regionale Dott. Corrado Bianca.

Infine, fu istituita la Riserva Orientata di Cava Grande del Cassibile (13 luglio 1990), nata con lo scopo di preservare le diverse ricchezze del suo territorio sia dal punto di vista naturalistico-paesaggistico sia sotto il profilo archeologico ed antropologico. (pag.34)

In città, si percepivano fastidiosi disagi per l’avvertita mancanza di piani di recupero del centro storico e i relativi interventi per contrastare l’increscioso fenomeno di spopolamento dei quartieri popolari e i conseguenti impieghi di suoli per le nuove costruzioni. Fu in quei giorni che ebbi l’ardire di introdurmi con la mia biottica Mamya C330, nei sinuosi e irregolari vicoli dei quartieri popolari, in particolare le ali dell’aquila netina, l’uno l’agghiastreddu e l’altro i mannarazzi, rendendo evidenti con le mie foto le loro tipicità abitative verosimili alle edificazioni arabe della kasba, di particolare peculiarità climatiche, mitigate al freddo invernale, fresche al torrido caldo estivo.

Fondo Mosche e Baia Calamosche 1985

Quartieri caratteristici per gli stretti vicoli e le case addossate l’un l’altra, a grappoli costruttivi casuali, quasi a convogliare e narrare il bisogno del contatto solidale e confortevole di porta in porta tra gli abitanti. Per essi si ebbero timidi approcci di discussione e cauti interessamenti anche nelle sale di Palazzo Ducezio, dalle quali si sfiorarono accenni alle proposte e indicazioni culturali provenienti da congressi nazionali inerenti ai paesaggi e città storiche per il ridisegno e fruizione dei quartieri storici e loro problematiche abitative, edilizia residenziale pubblica, riqualificazione, gestione delle criticità, partecipazione, programmi complessi, programmi di recupero urbano, contratti di quartiere.

Quartiere Agghiastreddu situato a Ovest

Furono avviate e subito accantonate le problematiche inerenti al loro ripopolamento che prevedevano ristrutturazioni consone al riuso tali da renderli parte integrante del tessuto urbano cittadino. Ragionammo a lungo io e il collega Antonino Preziosi, poi sindaco di Pachino e realizzatore della super strada Noto-Pachino, su quali potevano essere le soluzioni per intercettare il turismo abitativo e culinario a Noto, contrastando l’ipotesi di realizzare mastodontici alberghi, in città, in periferia, al mare, già nel mirino della speculazione edilizia e di depauperamento del territorio.

In seguito il varco fu aperto dalle condizioni favorevoli delle agevolazioni per la creazione di B&B consentendo l’attuazione di alberghi diffusi. Furono i primi passi per il recupero dei quartieri popolari e di tutti i locali disponibili in città. La cadenza dei tempi e il battere del martello sull’incudine per forgiare l’oggetto turismo preludeva al grido di dolore, all’ardore e all’energia del Sindaco Corrado Passarello, profuse dapprima al ripristino dell’estetica dell’insieme monumentale, cioè al piacere di sentirla come propria identità e goderne, e successivamente proporla in più modalità di lettura in un piacevole percorso urbano per interpretare le diverse specificità di Noto. (pag. 36)

Quartiere Mannarazzi situato a Est

Quegli anni eccitati e  smaniosi  che  visse Noto dalle imbracature dei monumenti al loro riconoscimento U.N.E.S.C.O. quale bene della Umanità, hanno rappresentato assieme al crollo nel 1996 della cupola della Cattedrale, gli anni di svolta per la cura e il risveglio di Noto. Furono anni di grandi fermenti per le amministrazioni e di grande partecipazione di tutta la città, quelli a partire dai primi anni del 1970 fino al 2006, (anno in cui il luogo di culto per eccellenza venne riconsegnato ai cittadini), durante i quali Noto non poté facilmente disinibirsi e in quei travagli dovette, pian piano, contro ogni irresponsabile contrapposizione, lentamente rialzarsi risanata non soltanto nel suo aspetto complessivo, ma soprattutto nelle rinnovate volontà di sviluppo e di progresso.

Di fatto era sbocciato un piccolo fiore, un anelito di speranza in ciascuno di noi, poiché dopo il sordo silenzio seguito al convegno sull’architettura di Noto del 1977, unico evento di grande respiro culturale, si  ebbe nel 1980, durante l’Amministrazione Avv. Ernesto Rizza, ass.re al turismo Dott. Gaetano Celeste, il plauso generale della popolazione per l’inaspettata esplosione e invasione delle maie su via Nicolaci.

MAJE – Fior d’oro ~ Margherita delle messi.

Anche le scalinate del Duomo, il prospetto di Palazzo Ducezio, ogni spazio e per tutto il corso assumono forme scenografiche e di spettacolo per il popolo. Come gli emicicli greci e romani richiamano le folle per le vie festanti per le occasioni di nuove proposte e rievocazioni di antiche rasserenanti passeggiate sociali. Si riaprono i sipari sotto le crescenti luci solari delle Noto delle memorie, dei fasti, dei profumi, dei romantici cori e danze delle stelle nei propizi cieli dei sogni e delle realtà. La Flora di Noto, alla dea dedicata per le sue varietà vegetali e per le sue fioriture, da sempre distinguo all’occhiello e vanto cittadino, promessa ambiziosa, ove si consumavano i primi amori, sogni e speranze per le aspettative delle giovani generazioni, era al tempo stesso luogo di consolidamento delle opinioni cittadine.

Foeniculum vulgare  – Finocchio selvatico

La Flora fautrice di lunghe e piacevoli passeggiate dalle interminabili discussioni sportive, politiche, scolastiche e chiacchiericci vari, si connette coi distesi campi assolati della pianura e dei Monti Iblei dominati dalle Maie (Crisantemo giallo – Maia), dal finocchietto (finucceddu), dal mirto (muttidda), dal lentisco (stincu), dall’oleastro (agghiastru) della lussureggiante macchia mediterranea, perché sia diffuso forte e chiaro l’unisono loro annuncio di rinascita e di primavera.

Sembra di udire tra i suoni del mutevole cielo, dall’immaginario mito discendere Flora, quasi piegarsi per mobilitare la bellissima Ninfa Maia sdraiata nelle distese e ondulate pianure affinché recasse il Saluto della Primavera spargendo per le vie di Noto profumati fiori spontanei e melodiosi canti. (pag. 37)

Clinopodium nepeta (L.) Kuntze – Nepetella.

Noto, ancora assonnata risvegliata dall’inquieto sogno, fa proprio il carisma del mito, coglie nella nuova, fresca aria dell’azzurro cielo il messaggio delle dee della fecondità. Riscopre il rinnovamento della Natura che in maggio, tra espansioni di memorie religiose e pagane, nel mese di Maia avverte della sua venuta col rifiorire alla vita e in ringraziamento organizza tutte le sue risorse e energie. E come tra le Ninfe, le danzanti stelle Pleiadi, una appare sempre in secondo piano per luminosità, a manifesta vergogna dei suoi conflitti, delle sue pene o per essersi avvicinata alla mortale decadenza umana, così Noto vela ogni malessere e evidenzia ogni aspetto della propria immutevolezza quale immortale condivisione di bellezza.

Simposio sull’Architettura di Noto – 1977

“[… Poi m’accorgo che venire a Noto per occuparsi delle sventure del suo barocco non è un’impresa facile. Infatti, più cerco di concentrarmi nella visita ai monumenti, in una ricognizione sia pure superficiale dei guasti che vi si sono prodotti, e più ne vengo pervicacemente distolto. Più interrogo sui danni alla basilica del Salvatore, alla chiesa di S. Chiara, a quella di S. Maria dell’Arco, al palazzo Trigona, e più mi si risponde con fastidiosi pettegolezzi sul sindaco o altri notabili. …] (La Repubblica – Sandro Viola: Una città uno scandalo) 4 ottobre 1986.

L’impegno dei cittadini condotto e diretto  dal  sindaco  Avv.  Corrado  Passarello  sin dal 1986, non poté vedere realizzate le aspettative intorno alla rinascenza di Noto contenute e condivise da artisti, professionisti, tecnici e cultori della città nel Progetto Noto, teso a stabilire una prioritaria appropriazione di aree urbane e la loro rimodulazione per la realizzazione di spazi pubblici quali luoghi di aggregazione sociale, di partecipazione alle scelte di governo del territorio e di scambi persino multiculturali.

Progetto Noto, 1989.

Quelle sperate aspettative trovarono attuazione nel riconoscimento Unesco con le decisioni del Comitato del Patrimonio Mondiale, riunito a Budapest, il 24 giugno 2002 con l’inserimento nella lista dei nuovi siti del Patrimonio Mondiale sulla base delle seguenti quattro su sei motivazioni:

  1. Le città assegnate al titolo di Città tardo barocche del Val di Noto (Sicilia sud orientale) Late Baroque Towns of the Val di Noto (South-Eastern Sicily) costituiscono un’eccezionale testimonianza dell’arte e dell’architettura del tardo Barocco;
  2. esse rappresentano il culmine e l’ultima fioritura del Barocco;
  3. la qualità di questo patrimonio è risaltata anche dall’omogeneità, causata dalla contemporanea ricostruzione delle città;
  4. le otto città sono in permanente rischio a causa dei terremoti e delle eruzioni dell’Etna. In appendice B – Schede Catalogazione Beni dei Comuni – troviamo il riconoscimento tra i beni etno-antropologici di Noto, l’Infiorata di via Nicolaci con la seguente descrizione:

Noto – UNESCO 2002

“INFIORATA DI VIA NICOLACI” Terza domenica di maggio nell’ambito della Primavera Barocca – Spettacolare tappeto di fiori allestito nella scenografica Via Nicolaci. I riquadri realizzati con creatività e perizia dagli artisti, propongono di anno in anno motivi diversi: religiosi, mitologici, cultura popolare.

L’attesa rinascenza dell’orgoglio e dell’ingegno Netino si manifestano nel 1980 sotto forma di “Saluto alla Primavera” e in continuità nel 2002 in “Primavera Barocca”.

Nel giorno di San Giovanni Battista alla Capitale del  Barocco  del  Val  di  Noto viene conferito il pieno e meritato riconoscimento di bene dell’umanità.

Quella stessa umanità che era stata ignorata e messa in ombra nell’anonimato delle bellezze dei luoghi, di floride consuetudini, di guida dell’intero vallo, e che rappresenta un terzo della Sicilia, di un patrimonio artistico, archeologico e culturale immenso, è stata capace di dissipare ogni nefasta nuvola e aprire lo squarcio al radioso sole per vedere sotto altra luce illuminate vie e monumenti della sua urbe e da ciò la capacità di offrirsi sfolgorante e riverente al cospetto del mondo. (pag.38)

Infiorata di Via Nicolaci 1982

Il nuovo epònimo:

L’Infiorata di via Nicolaci.

Ogni aspetto psico-sociale, dinamico-economico e socio-culturale che ha investito  la  comunità  notinese dagli anni ’70 agli anni ’90 del secolo scorso, sembrano aver prodotto dei cambiamenti  sociali  se  non addirittura mutazioni nei comportamenti di maggiore apertura verso sé stessa, e ancor più intensi verso le altre comunità, popoli e culture extracontinentali.

L’essenza di una comunità, intesa nello spettro più ampio di significati, di linguaggi, di tradizioni, di usi, di segni, di simboli e di costumi quali sentimenti comuni, di affettività e solidarietà, implica per sua connotazione antropologica, la formazione dell’identità culturale di ciascuno e la necessaria rimozione del pregiudizievole essere diverso e per ciò differente, non discostato dal necessario rapporto tra le persone e più in generale anche con la natura.

Siffatta identità ha creato differenze distinte per classi nelle società, per quanto evolute e moderne a causa del contributo fuorviante che ne è derivato da parte di talune istituzioni a partire dalle litigiose differenze ideologiche tra i partiti e movimenti politici, tra associazioni di categorie, associazioni culturali e gruppi vari. Comprendere le qualità degli altri, individui, gruppi, comunità o popoli e le loro diversità, necessità e bisogni, valutazioni di propositi di sviluppo non sempre presenti nelle componenti sociali ha generato due aspetti identitari sia dal punto di vista individuale sia dal punto di vista collettivo, apparentemente di chiusura verso l’altro. Il primo di inculturazione che favorisce l’ispessimento della propria cultura di appartenenza facilitando il processo di integrazione o di scambio tra culture che s’incontrano con l’apporto di legami.

Nei pressi di Noto Antica

L’altro, di acculturazione che al contrario le assorbe e le assimila indifferentemente. L’essenza e l’identità culturale netina mi sembra che appartengano maggiormente ai sistemi di inculturazione dal punto di vista della comunità e di acculturazione per quel che riguarda la persona nella sua individualità.

Tale sistema comporta che una persona o un gruppo si circoscriva, si riveli e desideri di essere identificato dignitosamente e liberamente per le sue peculiari diversità culturali così da essere in uno particolare e universale.

È come se si vedesse la prospettiva di una strada convergere in un punto focale e dall’altro divergere con tutte le connotazioni architettoniche ben definite e opportunamente collocate nel loro insieme di percorso. Ciò mi è sembrato di vedere materializzarsi fulmineamente, è come un dardo puntare l’obiettivo, così da passare dalla teoria della corda sottesa, alla traiettoria della quotidianità e fissarsi quale scopo di una volontà sociale che tutto comprende, e allo stesso tempo tutto distingue.

Noto Antica – Stemma nobiliare – Murato sul lato sx sotto la campana della chiesa S. Maria della Provvidenza 409 m. s.l.m.

Il modello di accoglienza della nuova e odierna Noto diviene, riconoscimento dei valori umani che per loro sintesi nella tradizione, negli usi, nei costumi, e nell’essere cittadini di nobili intenti, pone l’affettività per sé e per lo straniero nell’inconfondibile nuticianità. La faretra culturale non è mai colma di grandezza, di ospitalità, di virtù, e di bellezze. Noto città aperta e inclusiva. (pag.42)

C’è da dire…

Il sempre  meglio,  unito  al  sempre  più,  finiscono  con  l’accelerare  il  fenomeno dell’implosione del sistema e con esso disperdere, cancellare gli stessi principi che conducono al fascino dell’autenticità, cioè del luogo immateriale cui la mente conduce ciascuno a rivelare valori esistenziali, le proprie radici, il riconoscersi in cose vitali, in ragione esistenziale. Le città, come le cose, non si amano, si rispettano pronunciando per esse comportamenti di riguardo, salvaguardia e esprimendo passione attraverso la conoscenza, per mezzo della quale ogni considerazione affettiva non può che divenire percorso per il bene comune e più in generale di riguardo per ogni cosa e per tutte le persone quale bene ecologico, in uno bene dell’umanità.

Utilizzo decorativo di reperti archeologici

Gestire e amministrare la delega elettiva di una comunità di cittadini senza avvalersi del peculiare concetto di amore/passione quale presupposto della conoscenza, porta alla rinuncia di concrete ricerche delle variabili di sviluppo e di progresso.

Inoltre contribuisce a mantenere stagnanti le  città  e  i  valori  dello  spirito cittadino di rinnovamento, paralizza ogni crescita per un falso profilo di legalità, sottoponendola in questo modo all’esclusivo lecito delle proprie interpretazioni, significa  relegarla  nel  degrado materiale e culturale. Non erano bastate, perché frammentate, disperse e resi fragili   dall’indifferenza della politica, le intuizioni di professionisti, di studiosi, di artigiani, di artisti locali e di sparuti amministratori più saggi e oculati,  per  avviare  processi  di  ripresa  e  riscatto per la valorizzazione della città, del territorio e del benessere cittadino.

Castelluccio, Palmento a 339 m. s.l.m.

Persino la ditta Vibro Solai s.r.l. – Calcestruzzi di Noto, a partire dai primi anni ’80 e per quasi tutto il decennio, per valorizzare gli aspetti architettonici e delle tradizioni territoriali intraprese, sotto l’attenta direzione del consociato Giovanni (‘ngigneri) Provina e del presidente Salvatore (Turiddu) Mirano sotto il lecito del direttivo, la produzione di un raffinato calendario gratuito, usando come grande veicolo propagandistico, in particolare, i netini e/o forestieri che per le festività natalizie rientravano a Noto. Si trattò di un vero e proprio successo editoriale, molto ambito e ricercato, a tal punto da richiedere di anno in anno l’aumento delle copie sempre esaurite ancor prima della fine o inizio del nuovo anno. Nel tempo tutti i tentativi suggeriti e documentati sono franati nell’incuria o se si vuole affogati nella superficialità con la quale nel tempo si è lasciata languire Noto al mutare delle alleanze politico-borghesi, nelle emergenti tensioni sociali e occupazionali.

Contrada Castelluccio, Torretta Messinella a 363 m. s.l.m.

I sogni ad occhi aperti, tracciati sui tavoli delle discussioni e le indecise scelte attuative di certo non aiutarono a definire coralmente nuove e opportune identificazioni, se non attraverso iniziative associative condotte in maniera personale e coraggiosa, per riappropriarsi degli intramontabili valori riscontrabili nelle virtù universali che da sempre hanno contraddistinto Noto e il suo indefinibile territorio per terre in suo tenere.

A scuotere la cittadina che dal sito antico si era rifatta, dopo il terribile terremoto dell’11 gennaio 1693, con non poche sofferenze una nuova identità sul colle Meti, dal torpore in cui era scivolata, ci vollero, dopo l’incolume passaggio dal terremoto di Santa Lucia del 13 dicembre 1990, ulteriori traumi.

Castelluccio – Trappeto a 339 m. s.l.m.

Due robusti ceffoni al suo  orgoglio:  il  crollo  di  una  parte  del  Collegio  dei  Gesuiti, Ex Convitto Ragusa la sera del sabato 3 febbraio 1990, e sei anni dopo, il crollo della cupola della cattedrale nel 1996 la sera del 13 marzo alle 22.13. Si aprì nelle sensibilità di Noto la lacerante e dolorosa ferita nella sua più autentica identità civile e religiosa. (pag. 43)

Riecheggiarono tutti i timori, segnalazioni e allarmi sia della cultura cittadina sia del Sindaco Corrado Passarello negli anni ’80. L’incuria e la trascuratezza delle istituzioni locali, regionali e nazionali stavano attuando i loro piani di degrado e con essi stavano uccidendo Noto, riducendola in eutanasia, lasciando presagire persino la sua scomparsa. Era stata colpita al cuore, lacerata in profondità, l’intima Fede della popolazione netina, mite, umile, come riscontrata nello stupore dal viaggiatore francese Domenique Vivant Denon durante la sua visita a Noto nell’ottobre del 1778 che così scrisse nel suo Vojage en Sicile – “La città fu tracciata su di una piattaforma e, come se non ci dovesse alloggiare che un popolo di preti e di monache, sembra che si sia fatto il progetto di costruire solo chiese e conventi: sono talmente grandi e talmente numerosi che si pensa di non poter vedere nient’altro.”

Bosco Baulì – Cavagne e vasceddi a 605 m. s.l.m.

Da quel momento alla pena prevalse l’orgoglio di appartenenza e la sacra devozione al Santo Patrono San Corrado Confalonieri piacentino. Tutto si mobilita e le sensibilità mondiali concorrono all’unisono al risorgimento di Noto proprio nell’interpretazione e nelle volontà delle vocazioni sempre enunciate e mai attuate. Devo ammettere, la mia totale incredulità sul fatto che mai avrei in vita rivisto coperta e risanata la Cattedrale di Noto, oggi Basilica, e da ateo devo ammettere che l’evento pregno del fervore devozionale a San Corrado, della perizia progettuale e degli interventi tecnici delle istituzioni preposte, è stato concluso miracolosamente in dieci anni.

Case Judica a 605 m. s.l.m.

Nel confrontarmi con la memoria dei fatti, con i ricordi delle esperienze, con le documentazioni conservate, ancor prima d’introdurre la storicizzazione del valore propositivo e espressivo dell’Infiorata di via Nicolaci, mi sovvengono alla mente i mosaici di Jaddeddi Saracinu, presso la Villa Romana del Tellaro, la torre, i pantani, la spiaggia di Vendicati, la baia Calamosche con l’entroterra Fondo Mosche, la porta di accesso a Noto Antica, i suoi ruderi e la Chiesa di Santa Maria della provvidenza, la Pastuchera, le grotte delle Concerie della Valle del Carosello, il corso del fiume Asinaro, gli oleandri e i canneti, il trappeto e il palmento di Castelluccio, la targa del grano e le forche, e i luoghi della facies del periodo Castellucciano, le case Nicastro, la corte, la chiesa e le perforazioni petrolifere nei pressi di Rigolizia, i resti di Santa Lucia di Mendola, gli alveari sotto roccia di Cugno Vasco,

Case Nicastro a 643 m. s.l.m.

i pascoli e i prodotti caseari del feudo Baulì, le case Judica, il mulino e la necropoli di San Marco, gli insediamenti agricoli delle contrade di Lenzavacche, di Oliva, di Aguglia, del Durbo, di Farfaglia, di Tre Fontane, di Granieri, di Finicchito, i luoghi di culto, la Chiesa exvoto di Madonna Marina, la stazione radioastronomica V.L.B.I di Renna bassa che ha il suo gemello nel Radiotelescopio Croce del Nord a Medicina (BO), cittadina fregiata dal riconoscimento di Città   di   Scienza, il sistema di puntamento radar della N.A.T.O. a Mezzogregorio, gli sparsi reperti riutilizzati nelle costruzioni delle masserie. (pag.44)

 Nuzzo Monello

(a cura di Biagio Iacono)

NOTA BENE:

Le foto di questa puntata sono tutte di Nuzzo Monello

  –    FINE DELLA TERZA PUNTATA

 

 

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *