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Proseguiamo a sfogliare il volume di Nuzzo Monello

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Proseguiamo a sfogliare il volume di Nuzzo Monello

L’Infiorata di Via Nicolaci  il nuovo Epònimo,

l’Arazzo floreale del “Giardino di pietra”.

Proseguiamo a sfogliare il nuovo volume di Nuzzo Monello:

QUARTA PUNTATA

   Noto,11 Settembre 2021- Le prime tre puntate del presente servizio sono state pubblicate su questo giornale il 12 e il 20 Giugno nonchè il 21 Luglio 2021, mentre proseguiamo nella pubblicazione di altre PAGINE SCELTE dal volume di Nuzzo Monello sull’Infiorata di Via Nicolaci. (B.Iacono)

di  Nuzzo Monello

1982 – 15/16 ~ 3ª Infiorata ~ Farfalla sui funghi ~

1° Circuito degli Assi

 Terza domenica di maggio: l’anno fautore che vide i Pittori netini conclamati  Maestri Infioratori.

La passione per il ciclismo dei notinesi aveva voluto a Noto i campioni delle due ruote con la manifestazione agonistica “Il circuito degli Assi” e l’assessore allo Sport, Turismo e Spettacolo Franco Mallia non fu da meno degli appassionati. Non li deluse, tanto da riuscire per l’evento a coinvolgere il 21 marzo 1982 presso la Sala degli Specchi di Palazzo Ducezio, tutte le personalità in carica della politica e le associazioni dell’intera provincia, omologando ufficialmente la gara con l’apporto dei giudici della Federazione Ciclistica Italiana. (pag. 65)

La manifestazione era avvertita come l’approccio d’avvio all’auspicato turismo, così da immaginare il passaggio dell’evento da circuito cittadino a circuito in strada degli Assi consorziando i comuni della zona Sud e incrementando in tal modo le classiche siciliane di ciclismo come tra l’altro condiviso dal patron Turi D’agostino. Non fu soltanto un tripudio dello sport il 2 aprile che vide stiparsi più di 25.000 spettatori lungo il circuito, ma soprattutto culturale. Mallia, condusse da cicerone i partecipanti a visitare i maggiori monumenti di Noto.

Nel salone degli specchi del Municipio, tra la calca delle persone e alla presenza del Sindaco Avv. E. Rizza e dell’ass.re Franco Mallia, diedi il mio contributo con 99 incisioni dell’opera di mio fratello, arch. Giuseppe “Noto Antica, fra mito e cultura” (70×50), delle quali nell’entusiasmo generale non restò copia neanche a mia memoria. Per quella occasione avevo fatto incidere sull’opera presso la tipografia Motta di Avola la motivazione della donazione. Alle mie insistenze la tipografia per tacitarmi nelle mie richieste di pagamento mi chiese una copia omaggio. (pag. 66)

 Conoscevo da tempo Franco Mallia perché entrambi appartenenti alla squadra di calcio Netina militante nella 4ª serie, allora denominata Serie D. Le occasioni di solidarietà verso il Comune e le aspettative inerenti alla buona riuscita della manifestazione unita alla fiducia e stima reciproca, dovette costituire il motivo dell’appello rivoltomi da Franco nella qualità di assessore, di collaborazione per la preparazione dell’imminente Infiorata di quell’anno. Era infatti, già in ritardo la predisposizione logistica dell’organizzazione nel quadro del “Saluto alla Primavera” rispetto all’incontro avuto il 23 aprile quando come mio consueto, recatomi puntuale all’appuntamento nel suo gabinetto lo trovai in compagnia di un impiegato il quale non fece il minimo segno di uscire dalla stanza. E sì, devo premettere che a quel tempo non era facile distinguere i comportamenti degli impiegati rispetto alle funzioni degli assessori e dello stesso sindaco. Erano intrufolati in ogni aspetto amministrativo come fossero stati, per il loro impiego, designati “tutori sub iudice o suggeritori per le scelte di governo degli eletti”. Parlammo delle sue preoccupazioni, e per il riguardo riservatomi custodiva buone aspettative di riuscita. Lo tranquillizzai rassicurandolo del fatto che mi sentivo già coinvolto pienamente e mi sarei interessato molto piacevolmente dell’evento. Che non mi spaventava l’organizzazione, al contrario, precisavo, che avrei potuto gestire al meglio l’Infiorata di via Nicolaci a condizione che il Comune si assumesse il carico dei servizi necessari erogabili dall’ente quali: fornitura di energia e impianti elettrici, forniture di materiali, disponibilità degli operari e assolvimento di ogni necessità che fosse sopravvenuta inaspettata in corso dei lavori da una parte e dall’altra la piena delega scritta dell’organizzazione dal punto di vista artistico per evitare fraintendimenti su tutti gli aspetti logistici. Non ebbe esitazioni l’assessore, conoscevo bene la sua personalità. Disteso dall’accordo, rispose alle mie richieste affermativamente e che avrebbe prodotto la delega necessaria. Si udì la voce dell’impiegato che, ruppe la nostra cordiale intesa, con toni sprezzanti dicendo: – Tutti vogliono comandare, la delega … chi si credono di essere! – Non conoscevo quell’impiegato e rivolgendomi all’Assessore chiesi chi lo autorizzasse ad intervenire in cose che non lo riguardavano stante il fatto che stavo discutendo con l’Assessore e non con l’impiegato. Franco, con un gesto loquace più d’ogni altra parola, mi lasciò intendere che non c’era alcun motivo ostativo ai nostri accordi.

Eravamo pienamente consapevoli che sottrarre al concorso pubblico gli esiti artistici dell’Infiorata affidandola alle capacità interpretative di pittori avrebbe da una parte reso possibile prospettare ulteriori vie di sviluppo culturale e dall’altra avrebbe comportato critiche più o meno valide, ma soprattutto avrebbe toccato il nervo scoperto delle affiliazioni politiche e quindi anche forti contrasti e pressioni.

Tutto avvenne a partire dall’incarico assegnatomi da Franco Mallia nell’aprile del 1982 e ribadito con atto Prot. N° 3774/1983 del Comune di Noto. Con tale atto assessoriale prese inizio il percorso dell’infiorata di via Nicolaci in Noto che si avvalse per la prima volta della mia organizzazione e direzione artistica. L’esclusione di fatto, da quel momento dell’E.P.T. di Siracusa, dalla organizzazione dell’Infiorata e l’appropriazione della Città di Noto dell’evento in pieno clima di autonomia, rappresentò il primo passo verso l’auspicata liberazione del subordine delle scelte e l’affrancamento della propria identità dal governo politico siracusano. Ciò non di meno l’E.P.T. rimase un supporto indispensabile di coronamento con altre offerte di spettacoli e manifestazioni varie. (pag. 67)

Mio Manifesto

Il 1985 – 18/19 ~ 6ª Infiorata ~ Mattanza ~

Artisti: Basile (Bosco d’amore), Civello, Coppa, Di Maria, De Jeso, La Licata, La Fauci (realizza in ferro battuto l’Aquila emblema della Città), Monello, Nitto, Toro, Viola.

Città di Noto – Ass.to Turismo e Spettacolo Manifesto pubblico di ringraziamento per “Direttore artistico  Infiorata di Via Nicolaci”.

* 1985 ‐ Città di Noto ‐ Ass.to Turismo e Spettacolo – Iº Premio “Natale 1985 Capodanno 1986 ~ Allestimento Vetrine.

Buon vino fa buon sangue, recita un esemplificativo adagio popolare che a me sembra molto appropriato per l’uomo Corrado Daidone, prestatosi alla politica d’occasione con l’opera di Assessore. Un vino non da tavola per l’abbiocco post pranzo di lavoro politico, ma un vino pregiato di autentica origine, dai toni, colore e profumo di terre assolate intrise di sapienza popolare, dai  raffinati  aromi  stimolanti  e  distensivi,  adatti  al  savoir faire  necessari  ai salotti diplomatici con punte di gusto di ritorno forti ed autorevoli per l’impronta decisiva.

L’impatto fu quello descritto, quando lo incontrai per la prima volta nel 1974, seduto alla sua scrivania dell’ufficio anagrafe del comune, voleva che portassi a Noto la residenza della mia famiglia per il fatto stesso che vivevo e abitavo a Noto oramai da più di un decennio. Da quella volta rividi il signor Daidone nel 1985, non più quale capo ufficio dell’anagrafe, ma nella qualità di Assessore al Turismo e Spettacolo. Mi confermò con la nota Prot. 8137 del 18 aprile 1985 la nomina di Direttore artistico dell’Infiorata di Via Nicolaci quale Presidente della Coop. Il Carretto. In quella occasione di preparazione dell’Infiorata di via Nicolaci condividemmo le molte idee, e facemmo diversi sopralluoghi assieme ad altri artisti per concretizzarle.

Noto: Chiesa di Montevergine, Mostra collettiva di Pittura.

Al viale Marconi presso i muri dello stadio comunale, ai quartieri Mannarazzi e Agghiastreddu per l’individuazione di idonee pareti sulle vie, per le quali non occorressero costosi interventi, dove poter realizzare, per la valorizzazione turistica, accoglienza e benvenuto, dei Murales con opere pittoriche dal timbro moderno d’ispirazione mitologica, naturalistica e della tradizione popolare. Purtroppo come spesso succede, intenzioni promozionali e possibilità finanziarie del comune non coincisero, cosicché l’assessore dovette abbandonare nel discreto silenzio ogni velleitaria risoluzione. Non per questo trascurò di favorire la divulgazione dell’Infiorata e dell’Agosto Netino e di ogni altra manifestazione attraverso i quotidiani regionali e mass media di cui oggi si avverte sempre più la preminente valenza economico-turistico-culturale.

L’antefatto

Così scrive Vincenzo Rosana su Il Nuovo Diario del 13 aprile 1985:- A continuare l’opera dei genzanesi sono, per primi due anni artisti locali tra i più quotati, tra cui Angelo Di Maria, Nuzzo Monello, Ippolito Viola, Giuseppe Civello, Carlo La Licata e Franco Coppa, che con temi riguardanti la tradizione siciliana, hanno “arricchito” gli spazi della magnifica  strada.  Nelle  due  ultime  edizioni*  l’infiorata ha perduto quel fascino e quel contenuto artistico che la  caratterizzavano,  per lasciare il passo ad una fruizione di gruppo, associativa, quasi hobbistica. * 1983 e 1984

IL FATTO

~ M° Biagio Poidomani, scultore – Rosolini e bozzetti 1985

L’Assessore Corrado Daidone, qualche giorno prima dell’Infiorata mi pregò di andarlo a trovare presso il Comune intorno alle 10,00 e se non avessi avuto nulla in contrario di portare i bozzetti già predisposti dalla coop. Il Carretto. Ovviamente pensavo ad un incontro di cortesia, sebbene egli già avesse esperienza che la scelta dei bozzetti per l’Infiorata sarebbe stata operata alla presenza sua e di tutti gli autori da una commissione estemporanea da me nominata. Non avrei per nulla non condiviso con l’Assessore un momento di cortesia anche se quell’insolita richiesta mi lasciava tanti interrogativi, non fosse altro per la fermezza con la quale assumeva le proprie scelte per ogni azione amministrativa. (pag. 134) Credetti opportuno convocare tutti i maestri infioratori per quel giovedì alle ore 10,00 presso la sala d’aspetto del Comune per ricevere informazioni dall’Assessore. Fummo tutti puntuali, ma l’attesa inaspettatamente si protrasse, senza alcuna informazione sul ritardo, fino alle 11,30 quando l’Assessore con atteggiamento sommesso, dubbioso e preoccupato entrò in sala scusandosi per il ritardo, e per quello che mi doveva riferire pregandomi di porci in disparte. Mi chiese con molta moderazione se avessi avuto delle difficoltà ad un confronto e far visionare le opere al famoso M° scultore Biagio Poidomani che si era offerto di realizzare l’Infiorata con bozzetti di autori famosi e stranieri. Risposi che la comunicazione andava fatta subito a tutti i consociati e che in ogni caso l’occasione, sebbene improvvisa, mi intrigava e non poco. Riportai come mia consuetudine la richiesta al gruppo, cosicché a nome di tutti gli artisti confermai la piena disponibilità. Angelo Di Maria e Peppino Civello intanto ricordavano piacevolmente che si trattava del loro prof. di Plastica e Scultura presso l’Istituto d’Arte di Siracusa.

L’Assessore intanto accompagnò il M° Poidomani, originario di Rosolini, nella sala delle riunioni di Giunta ove avevo sistemato e distribuito sul tavolo tutti i bozzetti. Con lui entrò pure oltre all’impiegato dell’ufficio anche un medico che alcuni conoscevamo e che già nel 1983 era stato selezionato dalla commissione Insenga. Il maestro Poidomani osservò con evidente meraviglia tutte le opere scrupolosamente. Alla fine, con atteggiamento umile come si addice ad un artista vero, ma con piglio molto irritato si rivolse al medico dicendo: Vincenzo mi avevi detto che a Noto non c’erano artisti, ma sul tavolo a quel che vedo c’è oro! La mia e l’indignazione dei presenti fu molto contenuta. Tuttavia  non  potei  non  ribadire  quanto  risultava  intollerabile  e inqualificabile quel sotterfugio e palese odio verso i Pittori netini. Dopo  anni  di  contrapposizioni,  di studi preparatori, chiarimenti e consolidamenti artistici, venivano messi in discussione, e per di più diffamando, gli interpreti locali e la loro opera, esclusivamente per invidia accompagnata da evidente  anacronismo  culturale.  Opera  di  persone  che  incautamente si permettevano di forzare le scelte amministrative orientandole contro il  consolidarsi della manifestazione, per esclusivo egoismo o protagonismo. Il moderato nostro comportamento e l’evidente disappunto dell’Assessore indusse all’allontanamento silenzioso il  medico. Chiesi  all’Assessore  se  era  possibile  visionare le opere proposte a confronto. I commenti su quei pezzi di carta e cartoncini abbozzati in mezzo foglio, alcuni in guazzo altri semplicemente accennati in disegno, di evidente fattura frettolosa e di irrilevante contenuto d’insieme rispetto alle tematiche e alla composizione che richiedeva l’infiorare via Nicolaci, apparvero a tutti non soltanto inadeguati ma addirittura improponibili, perché somiglianti, ai famosi e ancora in uso, fiori che non marciscono. Nella indifferenza dei presenti gli ex alunni salutarono riverenti il loro Maestro con la promessa che in suo omaggio, sarebbe stata realizzata una tra le idee che aveva gentilmente portato per l’Infiorata. Per nulla, nonostante la mia esperienza avrei potuto pensare che le influenze indotte verso le politiche paesane potessero arrivare fino a tanta balordaggine. Capii, comunque, che la frustrazione dell’Assessore per il raggiro subito gli era costata alquanto dalle sue parole di scuse rivolte sia a me e ad uno ad uno a tutti gli artisti.

Era appena finita la 6ª Infiorata di via Nicolaci, cioè erano le 20,30 della domenica del 19 maggio del 1985. Ricevetti una telefonata da parte dell’assessore per antonomasia Corrado Daidone, il quale con toni di sorpresa mi faceva notare di trovarsi al Municipio ad aspettare che lo raggiungessi affinché onorasse l’impegno assunto con la cooperativa degli artisti. Reclamavo la mia innocenza, e l’incredulità  delle sue  premure,  per  il  fatto  che non avevamo fissato alcun appuntamento, perciò mi chiese quando sarei andato. Gli risposi che sebbene fossi il presidente della cooperativa era mia intenzione andarlo a trovare con tutti gli artisti ai quali egli stesso avrebbe rappresentato uno ad uno la soddisfazione propria e dell’amministrazione. (pag. 135)

L’Infiorata 1982 vista dall’interno  della chiesa di Montevergini.

L’Agosto Netino ~ Il mercato dell’arte 1985

Capitava spesso di permettermi un po’ di libertà dagli impegni professionali. In quei primi giorni di aprile durante le festività pasquali realizzai una ricognizione di dettagli fotografici sulla città. Raccolsi le stampe 13×18 in due album e andai a trovare l’assessore Daidone in previsione della organizzazione dell’Agosto Netino. Lo trovai in compagnia di un consigliere comunale (già sindaco di Noto pro tempore nel 1977 al tempo del Simposio*), gli porsi gli albumini e appena aperti disse: Alberto chiudi quella porta per favore. Vedi Alberto, cosa sono venuti a fare Chastel e Brandi! Questa è Noto, è la Noto di queste foto che non tutti riescono ad apprezzare. Fu entusiasta per tutti quegli scatti di particolari delle fabbriche e dei simboli posti agli angoli dei palazzi, sui portoni e sui muri di Noto e per me un complimento che mi rincuorò. Gli sottoposi i due bozzetti che avevo predisposto per i manifesti dell’Agosto Netino sia per il Mercato dell’Arte, per il quale già Corrado Nicolaci, Principe di Villadorata aveva dato il suo assenso  per  realizzare  la  mostra  nei  locali  dismessi  del  mercato  rinomato  come  a ciazza, sia per quello della ceramica calatina da tenersi nell’androne del palazzo Nicolaci. L’assessore diede subito senza esitazioni il suo benestare, all’insegna del risparmio, per la produzione  dei  due  manifesti  e  delle  brochure  propagandistica.  Proprio  per  queste raccomandazioni dovetti rivolgermi oltre che alla tipografia di via Arnaldo da Brescia Arti Grafiche San Corrado, alla Tipolitografia Leonardi di Augusta, con l’aiuto di Angelo Di Maria  amico  del  titolare.  Questa  seconda  scelta  si  rese  necessaria  per  il  fatto  che  la tipografia Arti Grafiche di Noto si era impegnata con terzi fornitori per la sola selezione della stampa del manifesto della Mostra di ceramica calatina per la somma di otto milioni di lire, ai quali aggiungere i costi relativi alla brochure a fondo rosso.

Mi sembrarono prezzi esosi rispetto alle raccomandazioni del Sig. Daidone. Dunque accettai la sfida lanciatami dai titolari di trovare per i materiali della Mostra del Mercato dell’Arte in tinta a fono nero altra tipografica più vantaggiosa con conseguente impegno ad esclusivo mio carico di spese inerenti ai viaggi e alle preoccupazioni per i tempi divenuti strettissimi rispetto agli annunci già diramati delle due manifestazioni culturali. In tutta onestà devo aggiungere che il Signor Leonardi oltre all’invito a cena in uno a Angelo Di Maria ad Augusta, fu sempre cordialissimo e puntuale ed il costo totale della produzione a fondo nero, gemella per grandezza e numero di copie fu di circa cinque milioni di lire complessive. Il sofferto inconveniente con la tipografia San Corrado trovò un epilogo increscioso poiché il loro risentimento per il mancato lavoro a spese del Comune di Noto relativo al manifesto della Mostra Mercato ra ciazza non era stato tollerato ritenendo che il mio comportamento derivasse da eccessivo zelo e incompetenza. Pretesero, che il manifesto della Mostra della Ceramica Calatina lo impostassi interamente, quotando ogni punto a scanso di eventuali errori e incomprensioni. Fu la seconda sfida lanciatami e messa alla prova. Ero abituato a questi momenti di défaillance da parte di artigiani, specie quando alle mie insistenze relative alla realizzazione dei manufatti, pensavano di trovarmi impreparato e che le mie richieste fossero, essendo un professore, più teoriche perché meno conoscitore del mestiere e della loro arte. Dunque chiesi un posticino appartato, dotato di tavolo adeguato alle dimensioni del foglio di cartoncino A0, una matita, una riga e una squadretta. Mi offrirono un ripostiglio o più precisamente l’archivio della tipografia, un ambiente appena illuminato, quasi oscuro, opprimente per via di tutti quei sovrastanti scatoloni accatastati da anni e con un persistente odore di magazzino chiuso. (pag. 140)

Nuzzo Monello, timbri.

Non ebbi alcun risentimento pensando che la richiesta fosse dovuta, sebbene avessi dato già tutti i chiarimenti necessari, alla loro difficoltà di collocare i numerosi elementi da assemblare sul foglio per poter richiedere ai loro fornitori le pellicole quadri cromatiche. Completato il lavoro apposi sul cartoncino anche la mia firma al centro tra la foto la finestra barocca del San Carlo al Corso, per la prima volta proposta all’attenzione del pubblico, e la foto il vaso policromo di ceramica. Ultimato il tutto dissi con chiarezza ai titolari che qualora uno solo degli elementi non fosse stato al posto quotato non avrei ritirato le mille stampe del manifesto. Intanto le loro cortesie nei miei confronti si erano un pochino affievolite, erano quasi insofferenti anche alle mie legittime richieste circa l’arrivo dei materiali. Una mattina fui avvertito della pronta consegna. Recatomi in tipografia, la prima sorpresa fu quella di non trovare tutte le copie richieste, perché il consigliere Alberto ex sindaco di Noto, senza alcuna mia autorizzazione, in virtù del suo presunto potere elettivo, ne aveva ritirate 100 copie. Trascurata la prima impasse sopraggiunge la seconda palesandosi con la mancanza della mia firma sul manifesto che tra l’altro per non esserci era stata preventivamente coperta nel menabò. Ovvia la mia reazione, sia per la leggerezza della consegna ad estranei di cento copie del manifesto sia per la scorrettezza di aver volutamente cancellato la mia firma. Erano presenti tutti e tre i titolari, così come loro si aspettavano fu netto il mio rifiuto di ritirare i manifesti, cosa che li preoccupò ancor più per le dure reazioni che avrebbe avuto l’Assessore. A quel punto cominciarono le esortazioni, gli stimoli alla comprensione da buon padre di famiglia per la dimenticanza commessa che ne avrebbe compromesso di certo il compenso per il lavoro svolto. Riuscirono a commuovermi dacché chiesi che realizzassero quattro timbri con la mia firma. Questa modalità sembrò a loro poco idonea per la sottile traccia della penna sicché rifeci la firma con un grosso pennarello nero e nel volgere di pochi minuti realizzarono quattro timbri. Dacché procedemmo a timbrare i 900 manifesti. Erano brave persone e competenti tipografi. Quell’episodio riuscì a cambiare il mio e il loro atteggiamento nell’approccio ai lavori successivi ponendoci nelle condizioni di condivisione e superamento d’ogni eventuale problema.(pag. 142)

Con il giornalista Corrado Caddemi, avevo  da tempo intrapresa la mia collaborazione di  fotografo per le colonne della Giornale del Sud. In particolare il nostro sodalizio prevedeva di ricercare, documentare e pubblicare le modalità di realizzazione dei manufatti artigianali quali, liutai, scalpellini, intagliatori, sarti, fabbri, calderai, ramai, canestrai,  ebanisti,  stuccatori,  etc.,  presagendo   che da lì in poco tempo le botteghe avrebbero chiuso le attività a Noto. Preoccupati dall’età degli artigiani e dall’assenza di apprendisti nelle botteghe, considerammo che ciò avrebbe fatto perdere ogni traccia degli antichi mestieri e che in un prossimo futuro sarebbero stati impossibili eventuali opere di restauro del preesistente, come era nelle larvate intenzioni per il recupero e manutenzione. Gli artigiani non avevano quasi più commesse e continuavano la loro opera per soddisfazione personale o per impiegare il tempo resosi oramai improduttivo economicamente. Si preferiva sostituire piuttosto di recuperare, prevalevano le giovani imprese che puntavano maggiormente ad aumentare la quantità del prodotto, per assicurarsi maggiori guadagni e poter più agevolmente far fronte al sistematico aumento delle tasse, tanto sofferte quanto opprimenti che di certo avevano contribuito a che s’impolverassero i stigghi ro misteri di cui Noto era ricca ma di cui ora subiva l’inesorabile invecchiamento. (pag. 143)

Bottega Ugo Tedeschi

In siffatto contesto, e pensando di portare a Noto le ridisegnate, nuove e moderne proposte dell’arte ceramica di Caltagirone, non più seriale, dozzinale e d’uso domestico, ma di maggiore aderenza agli sviluppi di mercato e di arredi abitativi di Noto, nella previsione dell’imminente agosto netino del 1985, di concerto cominciammo a frequentare con interviste i responsabili del laboratorio S. Sasso, gli artisti e i decoratori de l’Artigianato del Sole di Caltagirone. Documentare la creazione dei  manufatti quali opere uniche degli artisti che vi collaboravano. (pag. 144) L’artigianato del Sole fu talmente colpito dall’iniziativa che volle essere ospitata nei locali della mia galleria d’arte sul Corso Vittorio Emanuele a Noto. Durante i giorni di chiusura della scuola per il periodo pasquale mi ero impegnato nella qualità di presidente della coop. il carretto a fotografare in giro per la città, per ulteriormente spingere nell’opera di sensibilizzazione e valorizzazione monumentale e naturalistica del territorio, inconsueti dettagli e particolari del barocco, quelli per i quali o se ne sconosceva la presenza o non vi si prestava mai la dovuta attenzione e che sfuggivano alle considerazioni promozionali della città. Sottoposi all’Assessore, da me definito per antonomasia, Corrado Daidone, le mie idee sotto forma di bozze progettuali curate e poi realizzate a firma congiunta assieme a Corrado Caddemi, per l’agosto netino al fine di realizzare due eventi: il primo inerente alla rassegna d’arte varia dell’estate notinese con la 1ª Mostra Mercato della ceramica d’arte calatina allestita dal consorzio artigiani ceramisti dal 10 al 18 agosto con relativa presentazione nell’androne di palazzo Nicolaci.

Il secondo il  mercato  dell’arte da tenersi dall’8 al 25 agosto presso la loggia dell’ex mercato a ciazza di proprietà del Principe di Villadorata Corrado Nicolaci, dal quale avevo già avuta la benevola e gratuita concessione dei locali comprese le botteghe per la mostra e la custodia delle opere pittoriche, nonché l’accesso diretto per passare dal cortile del palazzo alla loggia del mercato. L’assessore condivise con estrema fiducia riconoscendo il mio impegno nell’operare e volle che la cooperativa Il Carretto ne realizzasse a spese del comune manifesti, brochure e materiali propagandistici e che predisponesse la richiesta dei materiali di allestimento e di illuminazione necessari che l’assessorato avrebbe dovuto fornire per la migliore realizzazione delle due mostre. Dell’immagine di copertina della mostra di ceramica tratta dalla chiesa di Sal Carlo al Corso, volli farne dono con ogni diritto di proprietà e diffusione alla tipografia San Corrado come già avevo fatto con altre immagini di Noto e delle infiorate 1980, 1981 e 1982 con la sola garanzia di riportare sempre il mio nome sotto l’immagine in qualità di autore.

Nei giorni precedenti mentre eravamo intenti nelle opere di pulizia, di allestimento degli spazi, delle luci e d’ogni altro intervento per l’esposizione dei quadri degli artisti della Coop. Il Carretto, fui interrotto nel mio lavoro da un anziano signore che si era fermato a guardare, forse  per riposarsi.  Incuriosito  mi  chiese cosa si stesse facendo e chi se ne occupava e per conto di chi si effettuavano quei lavori. Risposi che ero il presidente della coop. degli artisti pittori di Noto e che stavamo allestendo “il mercato dell’arte” con quadri e sculture nel contesto dell’Agosto Netino che dall’8 al 25 agosto, per quell’anno ultima domenica d’agosto, si sarebbe concluso con la festa estiva di San Corrado. Meravigliato mi ringraziò dicendo: Diu v’abbinirici, iu capisciu picca ri quattri, u mieritu c’aviti e r’aviri raputu a ciazza ciusa ri truoppu tiempu.

Per me fu una gratificazione di bontà enorme perché proveniva da una generazione oramai al tramonto e di ulteriore sprone a far meglio. Fu come se  mi avesse  tributato  un  testimone  di  saggezza,  di  cultura  e  di  speranza popolare, improntati dai colori distesi sulle pareti a riportare gli orizzonti spazi coi turchesi marini, le fini sabbie dorate delle coste del golfo di Noto e il rosso tetto della loggia e le squame pluviali a ricordare il sangue dei macelli e delle mattanze. Nel suo volto vi si era stagliato chiaro il rimpianto di un luogo che ha perduto la sua essenziale vitalità. Fulcro cittadino d’incontro, di collegamento tra il piano alto e il centro storico, di chiacchiericci, di comari e compari, di ritrovamento, di curiosità, di scambio delle proprie preoccupazioni o di piccole gioie, quando ancora sebbene di carne e di pesce ci si alimentava poco, il mercato, era come oggi nelle piccole fiere zonali, memoria di una tradizione secolare come la fiera di Pentecoste pullulante di gente, fra i frastuoni della moltitudine e i raccolti silenzi delle affiancate chiese, di San Camillo (successivamente rasa al suolo) e del S.S. Crocifisso. In quegli occhi scorrevano fotogrammi veloci, immagini inafferrabili di ricordi piene di gente indaffarata, attenta all’indice delle bilance. (pag. 149)

Sì perché la Loggia del Mercato a ciazza ri Nuotu è la storia che si stratifica nei racconti deformati dei ricordi in cultura, identità, tradizione narrata e sempre più sfumata al punto da mutarsi in leggenda di ricchezze e non già in vere e proprie testimonianze di sofferenze sociali. Sofferenze che via via si affrancano nella memoria quali tempi migliori perché vuol riconoscere a sé stessa il limite della povertà e l’esaltazione delle virtù ad essa connesse. Era la prima apertura de il mercato dell’arte, in quelle serate d’agosto la risvegliata Loggia del Mercato, a ciazza ri Nuotu di via Rocco Pirri, il dismesso mercato della carne e del pesce leggermente di forma rettangolare era stato azzizzato, apriva le sue botteghe a nuovi profumi e a nuovi flussi di visitatori per offrirsi in tutta la sua bellezza al rinnovato incontro con i turisti, che di anno in anno aumentavano, e con i cittadini sempre più contenti, festanti e critici per l’iniziativa culturale che si realizzava.

E come tutte le occasioni di mostre, le luci accese sulle opere pittoriche seducevano invitati e curiosi, s’inaugurava nel plauso generale la riapertura ra ciazza. Questa volta non era l’indice delle bilance a regolare l’attrazione piuttosto il riconoscere e ritrovare gli autori, i loro volti e le opere, il loro impegno per la città, la volontà di concordarne il valore per potersene impadronire, portare con sé quel pochino di interessi comuni, in questo caso estetici, trasfigurati nei loro simbolismi per adornare e ricordare quella diffusa speranza di anelato miglioramento. In tutto quel raccolto vociare che via via sempre più si colorava di pensieri, storie, vicissitudini di parole non espresse, di rabbie e di volontà, il bello s’impadroniva degli animi favorendo alla coralità umana un rinnovato saluto di cordialità e compiacimento. Era arrivato il popolo, la gente di Noto, orgogliosa e partecipe di un progetto che si poteva toccare con mano, quasi realizzato da tutti insieme e coralmente era dunque l’anima di Noto a volersi concretizzare nell’offerta del bello in quanto tale rivendicando per le sofferenze la gioia di rincontrarsi e riconoscersi. (pag. 150)

Il Corso dei fiori voluto dall’Ass.re Corrado Daidone

Città di Noto ‐ Ass.to Turismo e Spettacolo 

‐ 1° anno Carri Infiorati “Corso dei Fiori

L’entusiasmo che esprimeva sarebbe ben poca cosa se lo stesso non fosse stato temprato dai ricordi della Noto, che non fu e non è, del suo passato d’ideali fortemente liberali e non ultimo da quel più volte ricordato unicum di identità nuticiana che indussero l’Assessore per antonomasia alla riproposizione dei carri infiorati. Non evoca l’enfasi carnevalesca oramai da tempo e opportunamente abbondonata piuttosto della voglia di rivivere nuove atmosfere che lo riportassero alla Festa del Mandorlo in fiore dei trascorsi anni della quale il rimpianto per le non adeguate attenzioni la destinò a radicarsi e fiorire tra le tradizioni dell’agrigentino. Era suo esplicito desiderio coinvolgere tutta la città, ciò che produceva e ciò che più la rappresentava, il risveglio della città degli studi che la contraddistingueva come città di cultura, artigianato e arte. Mi parlava dei suoi propositi, e guardando dall’affaccio della ringhiera, alle spalle della statua di San Corrado all’ingresso di viale Marconi, l’orizzonte del Golfo di Noto, con occhi di evidente commozione palesava il suo tormento per la mancata realizzazione di quell’ipotesi progettuale del viale che dal vallone sottostante la statua avrebbe unito e avvicinato in quattro chilometri di rettilineo Noto al piazzale del Lido. Descriveva dalla sognante vista i pienoni turistici dei luoghi e le grandi possibilità di aperture commerciali e culturali che gli orizzonti del Golfo e degli Iblei ancora precludevano nelle menti di ciascuno. I suoi sogni e frequenza delle parole, apparivano come ologrammi virtuali, interagivano con le nostre idee e creavano condivisione per ogni possibile scenario fattuale.

Vivevamo con l’assessore, Angelo Di Maria, Peppino Civello, Ippolito Viola e qualche altro al seguito, fremiti spinti dal desiderio e dalla reale possibilità di recuperare i vicoli dell’Agghiastreddu e Mannarazzi e i viali della flora valorizzando anche il percorso affiancato dal muro di cinta dello stadio comunale con le nostre opere pittoriche, allora denominate semplicemente Murales, attraverso le quali non soltanto rendere più distese le passeggiate dei frequentatori ma soprattutto dare ai forestieri un benvenuto artistico e d’intrigante ipotesi di soggiorno. (pag. 168)

 Nuzzo Monello (a cura di Biagio Iacono)

NOTA BENE:

– Le foto di questa puntata sono tutte di Nuzzo Monello

FINE DELLA QUARTA PUNTATA –

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