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Noto – Il Mito e l’Infiorata di via Nicolaci – 2024

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Noto – Il Mito e l’Infiorata di via Nicolaci – 2024

Noto:

Il Mito e l’Infiorata

di via Nicolaci-2024

Nuzzo Monello – Trilogia della Farfalla.

di  Nuzzo Monello

   Come alla pressione solidificano i sedimenti in rocce così l’humus estetico, artistico, identitario di Noto, per l’Infiorata assume sempre più i contorni rigidi di un turismo a macchie sparse, forzato, poco illuminato, ma parecchio emulatore del Mito di re Mida. Un recinto mentale, povero e rinsecchito di illusoria ricerca di notorietà, che lascia l’immenso spazio degli ideali umani alle infruttuose interpretazioni di una pseudo-arte senza anima, senza interrogativi, senza cittadinanza, senza “valori”. Quel recinto culturale, purtroppo, continua testardamente a rigirarsi dentro i propri confini trascurando l’enorme patrimonio esperienziale che il confronto offre rispetto alle proposte di mercato.

   Si scimmiottano le notorie proposte turistico-commerciali che in altri luoghi emergono ingenue dalle tradizioni e identità di quelle popolazioni. Avviene da qualche anno una sistematica narrazione rievocativa turistico-nostalgica di un passato alquanto moderno, sostenuto da mass-media, social, e da non del tutto definite generazione X e Z, che agiscono fuori da ogni contesto immaginifico, da ogni sogno, da ogni speranza di affermazione della propria identità, da ogni impianto di valore artistico e di proposte culturali.

Nuzzo Monello: 1991 – INFIORATA DI VIA NICOLACI – Trilogia della Farfalla, Auschwitz.

  La tradizione, cui aspirava di pervenire la cultura locale per il tramite dei pittori maestri infioratori, nel proporre contestualmente al bisogno di rinascita dei valori identitari dell’Ingegno Netino, era quella di attestare il ritorno del mito della dea Flora attraverso il “Saluto alla Primavera”, interpretando l’Infiorata di via Nicolaci in contraltare alla devozione religiosa dell’infiorata di Genzano di Roma del 1980. Voleva offrire al visitatore gli aspetti identitari della Città di Noto, che avevano da poco sconfitto la predazione e il tentativo di aggressione edilizia delle spiagge del Golfo di Noto e del territorio montano, offrendo un piano alternativo di tutela del territorio con le proposte di realizzazione della R.N.O. Oasi Faunistica di Vendicari, la salvaguardia del Monte Alveria e della R.N.O. Cavagrande del Cassibile.

Una volta affermata la necessità di salvaguardia, recupero, conservazione e valorizzazione delle proprie risorse territoriali, era necessario evidenziare al visitatore il reale messaggio culturale che la Città indirizzava al turismo e alle varie sensibilità, sia per il patrimonio monumentale e urbanistico, sia per i pregi della flora, sia per la fauna e per il ripristino dei vantaggi che comportava per la biodiversità.

   Messaggio che certamente poteva emanciparsi dall’ultrasecolare consuetudine di Genzano di disporre un tappeto di fiori, quale devota espressione di religiosità in onore della processione del Corpus Domini sull’attuale via Belardi, nel tratto di strada all’uscita della chiesa dedicata alla Beata Vergine, Santa Maria della Cima. Il consenso mondiale per l’Infiorata di via Nicolaci si è potuto affermare via via, nel corso degli anni, per le proposte artistiche incastonate nell’arazzo floreale.

Non più un tappeto morbido per favorire il passo di fedeli, ma la gioia per la vista d’insieme dell’opera, e sorpresi dai particolari scoprire il valore del messaggio identitario della Città di Noto, quale omaggio e accoglienza del visitatore, curioso osservatore di nuove proposte d’arte che viene a soggiornare in uno dei siti, nel frattempo, riconosciuto dall’Unesco “Patrimonio dell’Umanità”.

  Succede però, che in quest’ultima manciata d’anni, l’insidiosa brama di appropriazione unita all’eccessiva ricerca velleitaria di apparire, sorprendere, innovare e nello stesso tempo conformarsi al prezziario turistico, hanno spezzato l’estetica del generoso e gratuito messaggio ai cittadini di Noto, alla folla di visitatori, ai ricettori di esperienze e sensazioni nuove. Di fatto è stato posto a pagamento, coprendo la vista e così mortificando l’ineguagliabile suggestivo effetto scenico dell’arazzo floreale di via Nicolaci. Inoltre, è stata attuata un’errata tecnica di prospettiva con quelle orribili passarelle di colore blu e rosso, al contrario sostituibili con il neutro colore grigio del sottostante selciato, e per aver usurpato il pregio dell’arazzo floreale, che l’arte d’infiorare impone attraverso la posa del giusto spessore creato con piccole tessere cromatiche di petali di fiori per lo svolgersi dell’opera dopo il registro dei tratti sul piano stradale.

AUTORI VARI 1983

   Per contro avviene che si dispone l’opera a macchia di leopardo su lenzuola di carta prestampata e per finire si chiude con la posa di prato commerciale di gramigna. È sparito pertanto, sia il senso espressivo dell’artista che opera in estemporanea d’autore e ancor più l’effetto vellutato che lo spessore delle tessere di petali creava, sostituito da collinette di crusca su cui adagiare intere corolle di piccoli e grandi fiori, talvolta farciti di materiali vari, che riconducono più ad altri mestieri.

   A voler ben considerare, il mito di Flora ha subito una metamorfosi, dal generoso rifiorire della Natura, rigeneratrice di propositi e coscienze si è trasmutata nel mito di re Mida, scivolando dalla bellezza della propria identità culturale nel desiderio che tutto si possa trasformare in oro, depredando ogni valore del sensibile, vitale segno della dignità personale e collettiva in esclusiva brama di ricchezza. Secondo la narrazione mitologica una volta che re Mida ha ricevuto il dono dal dio Dioniso di poter trasformare in oro tutto quello che toccava, ritorna a casa e al momento della cena è terrorizzato per non potersi alimentare né rinfrescarsi. Ritorna angosciato dal dio Dioniso che lo libera dal dono invitandolo a bagnarsi alle sorgenti del fiume Pattolo, che sgorgavano dal monte Tmolo. 

 Foto varie circa la Rinascita.

Re Mida era stato favorito dal dio Dioniso per avergli riportato il suo maestro Sileno ritenuto morto e per tale benevola azione gli erano stati esauditi i suoi desideri di ricchezza e potere. Purtroppo, il carattere avido di re Mida continuava a procurargli altri guai. Oltre che per l’impellente desiderio di potere, fu dunque punito dal dio Apollo per la sua arroganza avendogli contestato la vittoria musicale sul dio Pan proclamata dal dio Tmolo, con la trasformazione delle orecchie in quelle di un asino.

   La sua arroganza fu punita per essersi posto al di sopra della sentenza di Tmolo, volendo dimostrare con alterigia competenze a lui precluse nel campo delle melodie divine in gara. E non finisce qui, la narrazione mitica prosegue mettendo in evidenza il carattere borioso del re Mida.

Per nascondere le sue orecchie d’asino intimò al suo barbiere, pena la sua condanna a morte, di non raccontare a nessuno l’avvenuta deformità. Purtroppo, come spesso per molte persone mantenere un segreto può risultare incombente. Pertanto, il barbiere credette di potersene liberare vocalizzando il segreto presso uno stagno solitario. In quello stesso stagno però il dio Apollo aveva voluto che crescessero delle canne, le quali mosse dal vento sussurravano ai passanti: re Mida ha le orecchie d’asino!

Nuzzo Monello  

NOTA BENE: Tutte le foto di questo servizio sono dell’Autore.

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