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Avola: presentato il romanzo collettivo “Acque di fiume e acqua di mare”

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Avola: presentato il romanzo collettivo “Acque di fiume e acqua di mare”

Ad Avola  presentato il romanzo collettivo  “ ACQUE DI FIUME E ACQUA DI MARE”

 

Sebastiana Urso, Emanuele Tralongo, Giuseppina Rossitto ed  Angelo Fortuna.

Sebastiana Urso, Gabriella Tiralongo, Giuseppina Rossitto ed Angelo Fortuna. (foto Michele Favaccio)

INTERVENTO DI SEBASTIANA URSO:

<< Da diversi anni Giuseppina ci parla del valore della scrittura collettiva e ha trovato terreno fertile anche fra di noi. La nostra autrice ha pensato a un vero manifesto di Movimento culturale, in cui trovano espressione idee e modalità di espressione differenti, dalla poesia alla narrativa, alla pittura. La sperimentazione che ci ha proposto ha senza dubbio un valore cooperativo e sociale, gestito in regime di no profit, che, su presentazione di progetto, gode anche del sostegno da parte della Coop Adriatica, nonché del patrocinio del Comune di Bologna.

Quando mi fu proposto di partecipare alla stesura del primo romanzo collettivo, devo confessare che, nell’immediatezza, mi fu difficile realizzare, come da pezzi di racconti eterogenei, scritti da persone che non si conoscono e delocalizzate, potesse nascere un romanzo. A distanza di due anni circa, devo ravvedermi. In ognuno di noi c’è il desiderio di raccontarsi, di rappresentare storie che inizialmente sembrano proprie, ma in realtà interessano e sono connesse a intere comunità. Si raccontano momenti di vita, diretta o indiretta, fatti accaduti che, filtrati dal ricordo e dalla memoria, diventano narrazione, racconto.

Acque fiume  cop Il lavoro prodotto dalla sottoscritta in questo romanzo valorizza la figura femminile rapportata a fatti bellici. Raramente la donna viene presa a testimone di queste vicende. Io ho ritenuto che avesse grande valore guardare alle piccole storie che hanno visto le donne, con particolare riferimento allo sbarco alleato ad Avola, testimoni di quel dramma umano. Ho ideato così la figura di nonna Rosa, che ho messo a disposizione del progetto. Il lavoro fatto da me è stato sapientemente incastrato con racconti di altri autori, costruendo una trama che guida il lettore attraverso situazioni che rispecchiano la singola personalità, ma nello stesso tempo si inquadrano in un contesto sociale e di relazioni interpersonali. L’incastro è opera della nostra regista che abilmente traduce, taglia, modella, sceglie, decostruisce e ricostruisce la struttura dell’opera, senza alterare il pensiero dell’autore, ma al contrario, rivitalizza continuamente la scenografia, mescolando trame, situazioni, ricordi, sensazioni personali.

Leggendo il libro nella sua interezza, a opera ultimata, mi sono resa conto che la territorialità, cioè l’appartenenza a città o regioni diverse, la distanza chilometrica  non è un ostacolo. Il singolo autore dà voce, corpo e anima al proprio personaggio, la cui integrazione con gli altri, esula dalla volontà dell’autore, per cui il singolo racconto si innesta facilmente nell’architettura voluta dalla regista, realizzando un unicum. Così ogni singolo intervento, pian piano, perde le caratteristiche di un racconto di poche pagine fino a trasformarsi in un romanzo.

Un altro aspetto che mi ha colpito, in questo lavoro di gruppo, a distanza, è la sensazione che il romanzo collettivo permette di superare quel senso di pudore, quella innata riservatezza, che è propria di un autore principiante. La paura di essere associato e identificato con il personaggio spesso impedisce di esternare le proprie sensazioni, i propri sentimenti. I personaggi appartenenti a mondi diversi sia dal punto di vista culturale, sociale ,educativo, interagiscono fra loro e la lettura è piana, piacevole, stimolante, in quanto qualsiasi dialogo rappresentato, qualsiasi situazione descritta, non è fine a se stessa, ma al contrario lascia trapelare una continuazione accattivante.>>

 LA RELAZIONE DI ANGELO FORTUNA:

ACQUE DI FIUME E ACQUA DI MARE

Migranza di guardiani di fiumi verso il mare

Romanzo collettivo e Poema

Collana Wiola (Bologna, 2013)

 (Autori: Giuseppina Rossitto, coordinatrice, Daniela Bertoni, Mirna Magnani, Gianni Balduzzi, Antonio Marino, Silvano Notari, Angelo Fortuna, Anna Bastelli, Maria Tiziana Dondi, Rosanna Morselli, Sebastiana Urso, Claudio Masetti, Barbara Pirelli, Giovanna Fonti, Maria Rosa Verlicchi)

Premessa

Acque fiume2

Il romanzo collettivo “Acque di fiume e Acqua di mare”, proprio per la sua natura, precisamente per l’aggiunta dell’aggettivo “collettivo”, merita qualche riflessione introduttiva per meglio situare l’opera nel contesto della letteratura sperimentale contemporanea.

Premettiamo anzitutto che “Acque di fiume e Acqua di mare” è il quarto romanzo collettivo che vede la luce per la Collana Wiola, fondata, diretta e curata da Giuseppina Rossitto.

Gli altri romanzi collettivi, pubblicati come quello in esame a Bologna, sede de “Lo Specchio di Alice, Associazione Culturale per l’UniDiversità”, già in circolazione praticamente nelle più varie regioni d’Italia, sono: 1) “Gli strani incontri nella casa rosso bolognese” (2010), 2) “L’Albero del silenzio e l’Arbusto della parola” (2011), 3) “Fra le alture e i Dirupi, Noi” (2012).

Allorché Giuseppina Rossitto mi invitò nel 2011 alla collaborazione, insieme a Grazia Maria Schirinà, a Sebastiano Burgaretta, a Benito Marziano, ai quali successivamente si sono aggiunti Umberto Confalonieri e Sebastiana Urso, il primo dei suddetti romanzi, “Gli strani incontri nella casa rosso bolognese”, era già stato edito ed il secondo, “L’Albero del silenzio e l’Arbusto della parola”, era ai blocchi di partenza.

Le mie prime istintuali reazioni nei confronti di questo tipo di sperimentazione furono di sorpresa, seguita da scetticismo, diffidenza e infine perplessità. Non c’era per caso nell’operazione, mi chiedevo, un eccesso di intellettualismo, una ossessiva ricerca di originalità? Dichiaro subito che, dopo qualche sbandamento, la curiosità intellettuale ebbe il sopravvento sull’incredulità. Il desiderio di provare qualcosa di nuovo sommerse ogni esitazione.Credo di non essere lontano dal vero nell’affermare che anche gli amici sodali summenzionati abbiano provato identiche sensazioni e titubanze, subito messe da parte per il desiderio di intraprendere sentieri poco frequentati.

Ma quali erano le ragioni della perplessità? Ebbene, innanzitutto il fatto che quando si parla di romanzo il pensiero vola istantaneamente all’autore. Non per nulla si dice ancor oggi: “Sto leggendo Manzoni, sto meditando su Balzac, studio il Verga, il De Roberto, mi sono innamorato di Proust, ecc., invece di citare i loro capolavori”.La figura retorica della metonimia, al riguardo, funziona ancora perfettamente, come si vede. Ciò avviene anche dopo che buona parte degli strutturalisti, dei formalisti russi e vari critici moderni hanno decretato la morte dell’autore e la più o meno totale autonomia del romanzo, una volta pubblicato, rispetto a chi l’ha scritto.

AVOLA ROSSITTO FORTUNA MUNAFO' 003La seconda perplessità era insita in re ipsa, nella forma stessa del romanzo collettivo che, in quanto tale, intende servirsi dell’apporto creativo di 10, 20 o anche più autori. Come amalgamare scrittori di culture, sensibilità e capacità diverse? Non c’era il rischio che, al posto della fusione letteraria di tante forme legittimamente differenti di contenuti e stili, si creasse una babelica incomunicabilità? La terza perplessità era costituita dal dato di fatto della scomparsa della propria personalità di soggetto scrivente, destinato, appunto soggettivamente, a perdersi nella comunità scrivente e nei contenuti del romanzo che, alla fine, registrava il solo nome e cognome di ciascuno di noi, ma senza neppure evidenziare quantitativamente e qualitativamente il personale apporto. E siccome una punta di naturale narcisismo è presente in ogni persona, in ogni scrittore, si può immaginare il tipo di esitazione, cui si andava incontro.

Un’altra perplessità derivava dalla constatazione della fine ingloriosa di tante sperimentazioni letterarie del recente passato, in primo luogo del Nouveau Roman che, dopo gli eclatanti successi degli anni 50, 60 e in parte 70, è definitivamente tramontato. Che cosa desideravano fare Alain Robbe-Grillet, Marguerite Duras, Michel Butor, Nathalie Sarraute, Claude Simon, così per citare i più noti esponenti del Nouveau Roman?  Essi proclamavano l’espulsione del personaggio e focalizzavano le caratteristiche della realtà, superando e addirittura rifiutando la soggettività umana. A loro avviso, il romanzo doveva descrivere minuziosamente e ossessivamente il reale, assumendo il ruolo di una macchina fotografica senza neppure il fotografo. Come ha ben chiarito Giulio Ferroni, il loro obiettivo era di ridurre la presenza dell’autore alla mera funzione dell’occhio che passivamente registra quello che vede senza alcun intervento soggettivo.

Il Nouveau Roman si poneva così come antiromanzo, antiletteratura. Paradossalmente, la sua progressiva scomparsa dalla scena letteraria è avvenuta proprio per opera dei succitati autori che, essendo nella maggior parte dei casi scrittori di sicuro spessore, sconfessarono con gli scritti quello che teoricamente avevano proclamato, proprio nel senso che, in realtà, pur dichiarando di voler descrivere la mera realtà oggettiva, in realtà la loro soggettività emergeva chiaramente al di sopra delle loro stesse intenzioni.

Messe da parte le suddette perplessità proprio per il desiderio di confrontarci con  la proposta di Giuseppina Rossitto, la nostra partecipazione alla redazione dei successivi tre romanzi collettivi è stata prima timorosa e poi sempre più convinta. 

Il poema finale: una sorpresa innovativa

Eccoci così pervenuti alla stesura del quarto romanzo collettivo, “Acque di fiume e Acqua di mare”, alla cui redazione tra gli autori locali hanno contribuito Giuseppina Rossitto, ideatrice e coordinatrice, Sebastiana Urso e il sottoscritto. Esso presenta, lo diciamo subito, una innovazione significativa rispetto alle opere che lo hanno preceduto. Il romanzo ha un sottotitolo, “Migranza di guardiani di fiumi verso il mare”, che fa riferimento all’ultima parte dell’opera che altro non è che un poema che conclude il romanzo e che si configura come una sperimentazione nella sperimentazione. Qual è la peculiarità di questo poema? Ebbene, essa sta nel fatto stesso che è opera di vari autori, di cui sono totalmente rispettati l’ispirazione e l’apporto personale. Se le esigenze del romanzo prevedono una presenza coordinatrice, una regia, che sappia amalgamare i diversi apporti per fonderli nel flusso della trama, diversa è la situazione della parte poetica finale. Solo il verso usato, l’endecasillabo, è identico. Ma gli autori delle singole parti, lasciate alla libera ispirazione dei poeti, ciascuno con la propria singolarità e sensibilità estetica, sono chiaramente identificabili anche se i loro nomi e cognomi sono indicati con le sole iniziali. In conclusione il predetto anonimato non riguarda il poema, ma la parte romanzata e fino a un certo punto.

Preciso soltanto che, mentre il romanzo è stato creato da 15 scrittori, ivi compresa Giuseppina Rossitto, dinamica coordinatrice, alla stesura del poema conclusivo solo 10 di loro hanno dato un contributo. Il che significa che 5 autori non hanno ritenuto di poter partecipare all’impresa poetica finale. Siamo nella perfetta normalità in quanto non tutti gli scrittori hanno inclinazione anche per la poesia: al riguardo, la storia letteraria docet.

Fiumara, la protagonista

AVOLA ROSSITTO FORTUNA MUNAFO' 002 Sulla base di queste premesse, mi sarà concesso di entrare più in profondità in medias res, cioè nell’analisi, almeno strutturale, esteriore, formale, se si vuole, di “Acque di fiume e Acqua di mare”, allo scopo di mettere in luce alcuni messaggi che l’opera intende veicolare dal punto di vista esistenziale, letterario e umano.

La protagonista del romanzo è una donna, Fiumara, attorno alla quale ruota una serie di personaggi dalla più varia personalità, tali da offrire una visione articolata della ricchezza umana che, quasi senza accorgercene, scorre dinanzi ai nostri occhi. Ciascuno di questi personaggi rivela di essere un mondo, grazie alla complessità dei suoi modi di essere e di porsi sulla scena della vita.

C’è una caratteristica fondamentale presente, naturalmente in varie gradazioni, in ciascuno di loro: la ricerca di senso, non espressa filosoficamente attraverso serrati ragionamenti logici o astratte riflessioni, ma attraverso la dolente, a volte drammatica, esperienza e sofferenza personale, attraverso la casualità, gli incontri e le misteriose coincidenze, l’imprevedibilità degli eventi, come anche attraverso la determinazione a perseguire un disegno di conoscenza del reale e del mistero che circonda il nostro essere nel mondo: il mistero dell’essere, della vita, del cosmo.

L’intervento dei personaggi principali, introdotti appunto dai 15 autori, ivi compresa la figura centrale di Fiumara, è lungi dal produrre un effetto cacofonia, una situazione babelica di incomunicabilità. Grazie all’adesione alla tematica centrale e al sapiente coordinamento di Giuseppina Rossitto, i singoli apporti e inserimenti nell’alveo di grande portata del romanzo sono fonti palpitanti di ricchezza esperienziale e sapienziale, nella misura in cui rinsanguano a getto continuo e impreziosiscono il romanzo.

In virtù del vissuto drammatico degli autori che hanno, ciascuno, una propria problematica, una propria visione dell’essere, una propria storia, un proprio messaggio da proporre, una propria capacità affabulatoria e stilistica, vengono moltiplicate e amplificate le risonanze della caleidoscopica avventura umana che invade pervasivamente l’opera. Tutto ciò senza considerare l’ancor più ampia serie di caratteri e personalità che ogni autore, al seguito del personaggio principale che presenta, introduce nella narrazione del microcosmo socio-culturale da cui proviene, in cui si è formato, in cui la sua esperienza esistenziale si è svolta e ampliata.

Più che per l’aspetto contenutistico, il romanzo collettivo, che si fa ammirare anche per le bellissime e varie illustrazioni che sono, il più delle volte, vere e proprie prove d’autore, può lasciare perplessi per le questioni di ordine stilistico. “Lo stile è l’uomo, è lo scrittore”, assicurava Vauvenargues e con lui i critici letterari più attrezzati anche del nostro tempo. Come coordinare nel nostro caso 15 stili diversi? Posto che, per quanto riguarda la parte poetica finale il problema, come si è detto,  è stato risolto alla radice assicurando massima libertà espressiva a ciascun poeta con il minimo comune denominatore dell’uso dell’endecasillabo, del verso cioè universalmente considerato come il più consono alla struttura profonda della lingua italiana, per la più vasta parte in prosa l’armonizzazione stilistica, nel rispetto della specificità personale, è stata assicurata dalla tematica generale e dall’intervento non invasivo ma di carattere ordinatorio della coordinatrice, di Giuseppina Rossitto, che ha ideato il personaggio centrale di Fiumara.

Come Fiumara si distingue dagli altri personaggi del romanzo per la sua straordinaria sensibilità umana, per il singolare fascino che emana dalla sua persona, per la sua capacità di comprendere e di calarsi nel problema di tutti coloro che vengono a contatto con lei, il che avviene paradossalmente anche al di là della sua stessa volontà, così Giuseppina Rossitto scende con efficacia nelle pagine dei singoli autori, vive l’intensità emotiva che traspare dal loro particolare modo di utilizzare la lingua e, quando necessario, interviene con grazia per evitare stonature stilistiche e, se possibile, trasformare la naturale diversità dei vari autori nel trattare il mezzo espressivo in positivo contributo per ottenere effetti di amplificazione espressiva.

Va detto per chiarezza a questo punto che chi pregiudizialmente non accetta, almeno una tantum, l’idea di far confluire la propria sorgente creativa nel mare aperto della comune creatività, anche a rischio di perdere qualcosa della propria singolarità, non può partecipare all’impresa del romanzo collettivo, che, tra i propri meriti, ha quello di raffreddare l’eventuale eccesso di narcisismo dei singoli.

Ciò detto, una rapida trattazione degli aspetti contenutistici credo che possa costituire un incentivo alla lettura.

Invito presentazione romanzo ad Avola

Invito presentazione romanzo ad Avola

 

Per una lettura consapevole del romanzo collettivo 

Partiamo proprio da Fiumara, donna di mezza età, che è arrivata a un punto decisivo della propria esistenza. La sua singolarità, che ha diretto rapporto con il nome che le è stato imposto, sta nel fatto che è nata in riva a un fiume. Siccome, come suol dirsi “in nomine omen”, il nome è un presagio, un destino, ella eredita da questa sua esperienza primordiale il suo grande amore per i corsi d’acqua, che corrono a perdersi – meglio a realizzarsi compiutamente – nella grande madre comune di tutti i fiumi che è il mare, e in cui avvengono per conseguenza le esperienze decisive della sua vita. È importante per Fiumara farsi raccontare dalla madre, poco prima che ella passi all’aldilà, le circostanze della sua nascita. È come prendere atto della sua identità strutturale umana per giudicare le scelte o le non scelte del passato e orientare quelle future. A fatica, la genitrice, a cui si è riaccostata dopo un lungo periodo di permanenza lontana dal paese natio, essendo ormai alla fine del suo percorso terreno, le racconta di quel giorno che testardamente ha sempre voluto allontanare dalla sua memoria.

Trovandosi al fiume, incinta alla fine della gravidanza, sperimentò la rottura delle acque, per cui le amiche si strinsero attorno a lei, isolando la zona con alcune lenzuola: “Il dolore era lancinante.– le confessa la madre quasi alla soglia della morte – Mi misero un fazzoletto in bocca perché le mie grida fossero soffocate e i bambini non udissero. Il parto per fortuna non fu lungo, le donne fecero il loro dovere e io il mio. Tu eri paonazza, chissà, forse l’aria aperta… Ti lavarono in un catino con l’acqua del fiume scaldata e ti avvolsero in un asciugamano rosso, tirato giù dal ramo. Poi pulirono me, e, infine, i panni insanguinati. L’acqua gelida del fiume avrebbe sciolto facilmente le macchie. Quando l’indecenza fu risolta, le lenzuola vennero spostate, perché tutti potessero vederci”. Dopo, fu tutto un grido: “E’ nata una bambina alla Fiumara… E’ nata alla Fiumara… E’ nata Fiumara!”. Il nome e il destino furono dunque imposti dalle circostanze della nascita stessa.

Posta di fronte alla madre morente, Fiumara sente imperioso il bisogno di raggiungere il fiume legato al suo sbocciare alla vita e, arrivata vicino all’estuario là dove l’acqua dolce si disperde in quella salata del mare, si ferma a guardare l’incrocio visibile delle acque. Quindi, risale il corso tra arbusti, canne, rami secchi e contempla la ghiaia, le cascatelle, i massi, finché le appare uno spazio aperto e paludoso: probabilmente il luogo esatto in cui era venuta al mondo. Seduta su un masso sporgente, fra mille ciottoli bianchi e levigati e altri appuntiti e grigi, medita, mentre osserva lo scorrere dell’acqua, sulle esperienze della sua esistenza trascorsa. Al ritorno, trova la madre già morta e riflette amaramente sul fatto che, anche al momento del trapasso, è rimasta lontana da lei. Ma perché mai – si chiede – ha lasciato il suolo natio per tanto tempo? Forse voleva trovare l’altra da sé, quella che ella chiama “l’antimateria, la materia oscura”? Durante il periodo di elaborazione del lutto, ritorna spesso al fiume, di cui analizza l’incessante fluire verso il mare. Si chiede se non sia proprio questo flusso dinamico, che porta il corso d’acqua all’incontro con il mare e a confondersi con le sue acque, il suo obiettivo, la sua finale realizzazione: “E’ dunque questo il segreto della vita: la dinamicità, l’incontro?”.

Se continuasse nella meditazione, Fiumara, che ben incarna una sorta di energia vitalistica, ma senza mai ridursi a mero simbolo della stessa, potrebbe forse approdare a un approccio universalistico, metafisico. Ma ella non fa mai questo passo nel corso del romanzo anche se la sua ricerca di senso non ha soste. Il parlare di fiumi e mare è una costante delle sue giornate, specialmente dopo il suo ritorno nella terra natia, di cui – non lo confessa, ma è così – sentiva una profonda nostalgia.

Avola_Cava_Grfande-del_Cassibile_01Una folla di personaggi in dialogo con Fiumara

Di tutto ciò discute con i suoi vecchi amici Rio, Saldino e Nido, tre giovani innamorati di lei, tre persone tra cui, al momento giusto, cioè nella prima giovinezza, non ha saputo scegliere. Anche per questo è rimasta lontana per un periodo troppo lungo. Rio, Nido e Saldino sono profondi conoscitori di acque sia dolci che salate, sono degli specialisti. Rio, di cui sappiamo che è sposato con un figlio ma da tempo divorziato, è stato così soprannominato per la sua passione e impegno di naturalista. Forse, se avesse seguito il suo invito a risalire con calma il corso della fiumara, avrebbe potuto infine rispondere ai perché che l’assillavano da ragazza.

Quanto a Saldino – così denominato per la sua determinazione a rimanere sempre coi piedi saldi per terra –  è stato a lungo funzionario di un ente di sfruttamento delle acque. Al momento del ritorno al paese natio di Fiumara, è direttore amministrativo di uno splendido resort, abbastanza prossimo alla fiumara, che gestisce assieme a Rio e Nido, gli altri due suoi spasimanti, da cui si era allontanata dopo la sua mancata scelta. Si apre pertanto per la protagonista nel resort e nelle sue vicinanze una splendida possibilità di incontro di persone che soggiornano nella struttura turistica dei suoi amici e che chissà quante storie hanno da raccontarle, anche se per lo più vivono una vita da solitari.

Il terzo amico di cui era stata “la sua non ragazza”, Nido, era così soprannominato per la sua ossessione di spingersi oltre ogni limite, esplorando oscure caverne lungo i crinali delle montagne rocciose e portarne fuori nidi per la sua collezione. La non manifesta ma anche inequivoca preferenza proprio per Nido, elicotterista della forestale e dell’oasi marina, diventa sempre più chiara nel corso delle vicende del romanzo. Tornata in sede, Fiumara, forse colta dal desiderio di ritorno all’età fanciulla per un primo consuntivo esistenziale, ha riacquistato dunque la possibilità di frequentare di nuovo i suoi tre ex-spasimanti giovanili, da cui era fuggita. In anticipo, però, esclude ancora una volta l’ipotesi di innamorarsi seriamente di uno di loro. Avendo sprecato le occasioni a tempo debito e trovandosi in età matura, non considera – questo il suo ragionamento teorico – la possibilità di recuperare il tempo perduto.

Non sarà così, come avranno la possibilità di scoprire coloro che leggeranno il libro, ma forse non è nella possibile conclusione amorosa, che comunque è da mettere in conto, la parte più interessante del romanzo. Sì, perché gli interventi plurimi dei coautori mettono in scena una straordinaria serie di approcci amicali con Fiumara da parte di una pluralità di attori che portano il peso ma anche la ricchezza del loro vissuto. È tutto un mondo di formidabili personaggi che interagiscono con Fiumara, principessa dei fiumi, trovando in lei grande capacità di ascolto. Ma passiamo alle citazioni utili alla loro almeno esteriore conoscenza.

Min, vecchio pittore e scultore nel quale arte e vita si intrecciano indissolubilmente; proprio Min ci riserva una sorpresa finale. Giò, antico e saggio marinaio posto, si direbbe, a guardia della sua magica isola, quale memoria viva del tempo trascorso, che alla fine si rivela essere il padre di Nido; Alinka, un’antropologa, ospite del resort, vittima del male oscuro della depressione, che stabilisce un’amicizia profonda con Fiumara; Federico, anche lui ospite del resort e viaggiatore di fiumi; Demenzio e Goffredo, due anziani convalescenti, introverso il primo quanto estroverso l’altro, che proprio grazie ai loro contrasti caratteriali creano un’intesa che si direbbe indissolubile, anche perché la maschera di donnaiolo di Goffredo è forse un trucco per non mettere in luce la sua sostanziale fragilità; Ernesto che, dopo aver perduto la moglie, studia la soluzione meno traumatica per scomparire e trova, lui introverso ma con una ricca vita interiore, nell’amicizia con Fiumara, occasionalmente incontrata, l’antidoto che gli consente di ritornare alla vita; Elvira, una donna duramente provata dalla vita che le ha tolto il sostegno del fratello di gran cuore, morto giovanissimo di polmonite, subito dopo il rientro a casa da Firenze, che aveva raggiunto da volontario all’epoca della tristemente famosa alluvione, una donna che, tra l’altro, ha subito violenza e cerca nuove ragioni di sperare; Giulia, persona innamorata di acque di fiume, anche lei alle prese con il male oscuro che la spinge a rimpiangere il passato suo remoto; Annita, viaggiatrice inquieta, ricercatrice di risposte credibili alle sfide dell’esistenza; Rosa, testimone dell’invasione-liberazione anglo-americana del 1943; Greta, una giovane nordica che ha perduto il suo amore in un maledetto incidente di mare; Lisa, attrice combattuta fra l’essere e l’apparire.

EREMO AVOLA ANTICATutti questi personaggi e altri, come la sorella medico di Fiumara e coloro che l’evocazione del vissuto dei suddetti attori porta alla luce, con tutto il bene e/o il male di cui sono portatori, arricchiscono il romanzo che diviene un immenso amplificatore di sensazioni, sentimenti, eventi, esperienze tali da rappresentare in forma credibile molte sfaccettature e ambivalenze della realtà che ci circonda. Non va sottovalutato il fatto che, a parte l’importante portata d’acqua della fiumara descritta, piuttosto in contrasto con la scarsa significanza dei nostri corsi d’acqua, ridotti a rivoli, la fiumara di cui si parla nel romanzo evoca irresistibilmente il fiume Asinaro e/o il Tellaro, mentre l’oasi umida percorsa dai protagonisti richiama alla memoria la riserva naturalistica di Vendicari e la sua oasi faunistica. L’isola in cui il vecchio marinaio Giò accoglie Fiumara e Nido ha molte somiglianze con quella a noi assai prossima di Capo Passero.

Lo diciamo a voce bassa per non farlo sentire agli altri 12 eccellenti coautori del romanzo: i tre avolesi, Giuseppina, Sebastiana e il sottoscritto sono riusciti, senza alcuna forzatura, beninteso, a trasferire nell’opera l’ambiente, la magia e l’atmosfera mediterranea della loro terra, della nostra terra. Gesto inconsapevole d’amore per il nostro straordinario sud-est, spontaneamente emerso dal profondo delle nostre anime, ma anche suprema bellezza di questa nostra amata terra, in cui per buona sorte siamo apparsi al mondo e alla vita. Scrivere insieme questo romanzo, come afferma Giuseppina nella postfazione, è stata un’avventura avvincente, anche perché si è creata tra tutti gli aderenti al progetto sperimentale una complicità che travalica il momento della mera collaborazione. Nella sua azione di armonizzazione dei contenuti e degli stili, si è trovata nella condizione di chi, nel rispetto dell’estro, della creatività, della fantasia dei coautori – è questa la mia opinione – ha polarizzato l’attenzione su coloro che meglio hanno perseguito l’ideale dell’esplorazione dell’animo umano nel contesto del sociale.

Varie scritture, varie sensibilità, varie capacità letterarie e di rappresentazione della problematica umana. Il risultato è stato un arricchimento vicendevole, che apre il campo a futura collaborazione. Mi piace infine, nel rinviare alla lettura diretta del poema finale, segnalare come questo sia, a parer mio, il campo in cui si sono espresse le voci più ardite, che, per usare il linguaggio di Giuseppina, regalano “profonde emozioni”.

Ai lettori, come è giusto, il giudizio finale. >>

                                                                                    Angelo Fortuna

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