Giuseppina Rossitto:”Il romanzo collettivo? Un brevetto da salvaguardare!”
Il romanzo collettivo, un brevetto da salvaguardare.
di Giuseppina Rossitto
Abbiamo chiesto a Giuseppina Rossitto (autrice e curatrice di Acque di fiume e acque di mare,Bologna, Collana Wiola, Movimento Letterario UniDiversità, romanzo collettivo artistico, pp. 256, formato 22×24 con tavole a colori) di parlarci delle sue dantesche “radici” nel “lungo studio e grande amore” per l’esperimento artistico-letterario del “Romanzo Collettivo” che da anni porta avanti con successo: ne abbiamo avuto una più che convincente motivazione e spiegazione che presentiamo, ricordando che su queste colonne ed in questa rubrica di ARTE E CULTURA il ns. giornale ha già abbondantemente relazionato. Biagio Iacono
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Quante domande mi sento fare, quante curiosità desta l’aggettivo che contorna la formula di romanzo che da anni mi ostino a difendere come un brevetto tutto personale al quale ho voluto dare una stanza e una casa di appartenenza, la collana Wiola e il Movimento Letterario UniDiversità.
Da più parti mi sento dire, a volte affettuosamente, altre con evidenti segni di insofferenza, forse gelosia (!?) (nessuno ne rifugge, neppure il migliore amico!) che parlo, parlo… alle presentazioni dei romanzi. Non ho capito, in verità, se questa osservazione sia dovuta al fatto che chi mi sta vicino ha paura di perdere spazio nel dire la sua, o se presenziare sia diventato una cornice senza quadro, o se la colpa è del mondo tecnologico che ci ha abituati alla velocità, alle cose che prima di essere gustate (con tutti i sensi di cui disponiamo) sono già scartate e vanno ad alimentare l’enorme sacco di spazzatura che accostiamo all’angolo della nostra stanza. Io, che sono abituata a dare risalto ai colori, sapori, odori, confezioni, corposità, non lesino mai il tempo a nessuno, tutt’altro, godo nel riceverlo e anche nell’offrirlo, consapevole che ci sono anche i ladri di tempo. Amo ascoltare i contemporanei perché essi sono i depositari delle verità inesplorate. Ho amato, per esempio, l’altro giorno, ascoltare le parole del nostro co-autore Antonio Marino, che sono andata a trovare nel suo atelier. Osservare i quadri dal vero, là dove nascono e assumono e trattengono la polvere, vederne le reali dimensioni, ascoltare dalla voce dell’artista, accalorata come di padre di fronte alla sua creatura, mi ha fatto penetrare l’opera con gusto. Solo lui avrebbe potuto svelarmi le cose che ora conservo di quelle opere e che mi guideranno nel penetrarle, se veramente le voglio conoscere e non solo vederle distrattamente. Questo autore lo voglio nei romanzi! La cosa, sapete, vale anche per un libro. Svelare i segreti, le simbologie, gli antefatti, i costrutti, aumenta la conoscenza e ci predispone alla curiosità. Solitamente gli autori affidano ai critici questi segreti perché li possano tirare fuori come conigli bianchi da un cilindro nero, per magia. E qui entra in ballo la critica, il suo valore e a chi l’affidiamo. Ci si assume una vera responsabilità in questo atto di delega, spesso sulla mera fiducia. In fondo, nel porto che conosco, siamo tutti marinai di imbarcazioni da diporto, attrezzate per affrontare le acque costiere, non certo gli oceani. In queste barche non è la strumentazione o la tecnologia a bordo che fa la differenza, quanto il capitano e, se c’è, un valido aiutante. (È inevitabile che io ricorra alla metafora, chiedo venia! Ma la lascerò decifrare a voi).
L’amico di gioventù, il giornalista Giovanni Battaglia, dell’emittente Canale 8, che ringrazio a nome di tutti, per avermi ospitato in due trasmissioni dell’Edicola del mattino (alzata all’alba, per essere in TV alle 7:15 e iniziare alle 8:00 – cosa non si fa per ridurre le distanze e raggiungere più persone possibili!) mi ha chiesto come prima curiosità impellente: “Come si scrive un romanzo collettivo?” Gli ho risposto con un’altra domanda: “Mi inviti per una trasmissione che duri un’intera giornata o più puntate? Poche parole non rendono, per smontare la costruzione a cui si è abituati.” In verità, in poco tempo non è possibile dare una risposta esaustiva. Ma poiché quel giorno era ospite, assieme a me, il direttore della Banda Musicale della Città di Avola, gli ho risposto con una metafora: “Il romanzo collettivo è come una orchestra. Diversi musicisti e un direttore. Con la differenza che oltre ad essere direttore (ovvero il curatore, che si assume il 15% della stesura del romanzo), rivesto anche il ruolo di primo violino (essendo l’autore del personaggio principale e di quelli a esso collegati, il che corposamente si traduce nel 50% del romanzo: 50+15= 65%). La mia mano deve essere attenta a dare il tempo, il colore, il mio orecchio vigile alle stonature, il rischio potrebbe essere banalizzare il personaggio che creo, un rischio che non correrei a nessun costo. Quanto ai musicisti, non tutti suonano alla stessa altezza, non per tutto il concerto o nobili strumenti. Vi sono tamburi, piatti, triangoli dai pochi tocchi o rulli, ma anche quelli si devono sentire e devono avere un ruolo nel romanzo. Tutto fa orchestra nel rispetto dei ruoli.”
L’amica, non di gioventù ma della maturità, giornalista Gabriella Tiralongo, è arrivata alla conclusione, più che al punto di domanda, osservando che secondo lei il romanzo collettivo è sinonimo di democrazia. Tutti scrivono, tutti si esprimono. Si realizza un grande ideale con la scrittura collettiva: la libertà di espressione!
Non voglio smorzare i suoi entusiasmi, e volutamente non ho virgolettato quello che rammento della sua osservazione ma, poiché la ritengo importante, voglio provare a rispondere (e dovrò essere, per necessità di spazi, breve!). È vero, io faccio scrivere tante persone; in primis con la rivista Quaderni – attraverso la quale ho dato voce a oltre 1500 persone in otto anni – poi con il romanzo collettivo, attraverso il quale si sono espressi – nei quattro romanzi editi in quattro anni – 64 autori diversi. Per fare questa operazione, sempre in prima persona, senza possibilità di delega, ci vuole una grande forza e anche – e so di non peccare di immodestia – leadership. Essere leader non vuol dire non subire osservazioni o contestazioni, ci sta tutto, ma ci sta soprattutto la stima e il rispetto dei ruoli: mia nei confronti dei collaboratori e loro nei miei. So quanto valgono e pesano (dal punto di vista della scrittura) ognuno dei miei autori e loro sanno anche il mio valore e apporto in termini di organizzazione, abilità sintetiche e analitiche, poetiche e narrative, soprattutto tempo, la risorsa che tutti lesinano e che nessuno ha a sufficienza, né per sé né per gli altri. Non ho tempo! Voglio la mia privacy! Queste sono le espressioni che più si sentono in giro. Il valore lo riconosce chi fa lo sforzo di seguire il percorso con interesse e con voglia di sperimentare e sperimentarsi, perché vi assicuro che ci sono anche i lavativi, i perditempo, i perdifiato e gli inconcludenti. Anche a loro ho dato fiducia a priori e ne sono venuti fuori dei discreti e guidati (da me o da altri co-autori) personaggi, ma dei pessimi autori, per l’esperimento di cui stiamo parlando, non mi riferisco di certo al valore di produzione personale, che non mi permetterei mai di prendere in considerazione in questa sede.
Voglio comunque precisare che non si tratta di democrazia assembleare, ma di democrazia rappresentativa, basata su una delega molto ampia al leader. Io ascolto molto i miei autori, anche quelli che a primo giudizio sembra che mi facciano perdere del tempo. Guardo anche come si muovono, come si esprimono, come mandano le mail, come curano il loro profilo su facebook, il lavoro che fanno, le relazioni che hanno, come osservano le regole che dispongo per procedere nel lavoro. So chi le applicherà e chi non le prenderà mai in mano, e so a chi le devo imporre (spesso senza successo!) e su chi devo assolutamente sorvolare (previo il ferimento dell’amor proprio). Li studio perché somigliano incredibilmente ai personaggi del romanzo che dovrò assemblare. Questo posso farlo e devo farlo perché prima di essere l’autore principale e la curatrice dell’opera sono una persona che sta facendo un esperimento sul sociale. La scelta di condurre questa sperimentazione letteraria in ambito associativo non è casuale: è determinante e voluta. Dunque, li studio perché prima di essere i miei co-autori, sono i personaggi del romanzo. Perciò sono disposta a dare credito anche a chi esprime mediocrità nella forma espressiva o nei pensieri, o a regalarla a persone che nell’esprimersi e nell’essere poi interpretati da me, colmano una loro carenza emotiva rispetto alla vita. Confido poi che in mezzo ai 30 o 20 collaboratori di turno ve ne siano 3-4 che abbiano le caratteristiche di autori, perché mi faranno da spalla, sempre fermi i ruoli, altrimenti non si va avanti.
Per organizzare e dirigere la troupe ci vuole molto fegato e resistenza, molta continuità, senso di sacrificio. Volete sapere se soffro quando qualcuno abbandona il campo, quando l’entusiasmo iniziale si perde alle prime difficoltà, o quando sento malignità, dicerie… quando qualcuno svela, con interpretazione oltretutto sommaria, segreti del nostro lavoro o si attribuisce meriti che non ha, confidando nella copertura che questo tipo di romanzo dà? Soffro, da perderci il sonno! Ma poi mi basta vedere quello che realizziamo assieme per ricominciare una nuova avventura, magari con autori di più resistenza, carattere e assiduità.
Devo dire qualcosa per e dei miei co-autori. Tutti sanno che non nego spazio a loro di esprimere pensieri – sempre che abbiano le idee chiare su cosa dire e come esporle pubblicamente; si entra in un terreno delicato quando ci si confronta con l’esterno, e non si può andare allo sbando – soprattutto a coloro che da anni conducono l’esperienza e che hanno maggiore consapevolezza del percorso. Nel fare questo faccio nomi e cognomi, sapendo di non ferire altri che in maniera meno costante e con minore presenza vi si sono dedicati, anche con buoni risultati: Gianni Balduzzi, Anna Bastelli, Maria Tiziana Dondi, Maria Grazia Toschi, Mirna Magnani, Daniela Bertoni, Angelo Fortuna.
Fra di loro vi sono già autori, altri che stanno crescendo in questo senso, e altri che vi hanno rinunciato ma non rinunciano a scrivere come modalità di espressione dei propri pensieri, credendo da sempre nel valore liberatorio della scrittura.
Ogni anno abbiamo anche delle rivelazioni e, benché nuove penne, non esito a dare spazio e rilievo alle loro costruzioni. Spero che abbiano la resistenza dei primi, perché non è facile, per mille e mille motivi.
So per esperienza che i miei co-autori sono di passaggio, perché, per quanto condividano il progetto, non se la sentono di considerarlo il loro progetto, e di viverlo incondizionatamente nel tempo e con i sacrifici che esso comporta. Io ho, invece, la consapevolezza, che questo è il mio progetto e non rinuncerò a cercare alleanze perché possa dare sempre migliori frutti. Mi sono posta di arrivare a 10 romanzi, 4 sono già fatti ne mancano solo 6. Tempo al tempo!
Giuseppina Rossitto
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GIUSEPPINA ROSSITTO, dopo la laurea in Scienze Politiche, si dedica all’insegnamento, alla ricerca giuslavorista e a studi bibliografici, giuridici, economici e storico-sociali; in seguito svolge attività come collaboratore giuridico-amministrativo presso l’ente pubblico; oggi financial planner per un istituto bancario di un gruppo multinazionale. Presidente de “Lo Specchio di Alice”, Movimento Letterario per l’UniDiversità. Fondatrice e Direttore della Rivista Periodica Bimestrale “Quaderni”, legata agli Incontri per Riflettere, cura il confronto di un numero considerevole di poeti, scrittori, pittori, fotografi e musicisti. Ha tenuto corsi di formazione permanente per adulti. Socia e collaboratrice di riviste e associazioni culturali. Ha pubblicato: vita nei campi incolti e inariditi, poesie, Libr. Ed. Urso, 2006; a Zonzo per pensieri, poesie e camminamenti, Ed. Il Ponte Vecchio, 2008; L’Amore sconosciuto. Soliloqui, romanzo poetico, Ed. Format Libri, 2010; I Viaggi del ritorno, Il Tramonto della Freccia del Sud, Ed. Format Libri, 2010.
Per la Collana Collettiva Wiola (diretta e curata da Giuseppina Rossitto) ha diretto e curato e ne è l’autore prevalente: 28 Autori di Alice (a cura di), Estetica, arte e parola. Il tratto, il colore, la luce che aprono l’esplorazione poetica, artistica e letteraria, Racconti artistici, Ed. Format Libri, 2009; 30 Autori di Alice (a cura di), Gli strani incontri nella casa rosso bolognese, romanzo collettivo, Ed. Format Libri, 2010; 19 Autori di Alice (a cura di), L’albero del silenzio e l’arbusto della parola, romanzo collettivo, CSM, Bologna 2011; 30 Autori del Movimento Letterario UniDiversità (a cura di), Fra le alture e i dirupi, noi, Romanzo collettivo artistico, Fasertek, Bologna, 2012; 15 Autori del Movimento Letterario UniDiversità (a cura di), Acque di fiume e acqua di mare, Moderna, Bologna, 2013. Curatrice di autori di raccolte poetiche edite. Autrice ed editorialista della rivista Quaderni.