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“Aglianò prima di …Aglianò” di Enzo Papa

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“Aglianò prima di …Aglianò” di Enzo Papa

AGLIANO’ PRIMA DI …AGLIANO’

di   Enzo Papa

Si discute, in questi giorni, del recupero dello scrittore siracusano Sebastiano Aglianò, l’autore del famoso libro “Cos’è questa Sicilia”, di cui Alessandro Cutrona, sotto la guida sapiente di Salvatore Ferlita, ha curato la stampa di alcuni rari saggi letterari, raccolti in un libretto dal titolo “Italiani. Da Dante a Vittorini”, edito da SuccedeoggiLibri. Il libro, che venerdì 31 marzo 2023 è stato presentato con gran successo nella nuova sede siracusana dell’ennese università Kore, raccoglie interventi su Dante, su Foscolo e su Giusti, con un interessante “Ragionamento” su Vittorini. Convincente e dotta è la premessa del curatore che ha titolo: “Sebastiano Aglianò, un patriota senza indulgenze”, un titolo preso a prestito che, per chi conosce Aglianò, intende riassumere il modus operandi dello scrittore, soprattutto in riferimento alla sua più conosciuta opera, che poi è la sopracitata antiseparatista “Cos’è questa Sicilia”.

In effetti di Aglianò si sa poco perché lo scrittore, dopo quel suo saggio di indagine antropologica che gli procurò qualche dispiacere, ma anche il plauso di Guido De Ruggero e di Eugenio Montale che lo propose all’attenzione generale, si dedicò esclusivamente alla sua carriera professionale: docente e preside di Liceo, docente di letteratura italiana al Magistero di Siena.

Ma qui non vogliamo parlare di “Cos’è questa Sicilia”, il saggio stampato nell’aprile del 1945 dalla siracusana libreria editrice Mascali, ristampato da Mondadori nel 1950 col titolo “Questa Sicilia”, riscoperto da Leonardo Sciascia e riedito dalla veneziana Corbo e Fiore con una sua illuminante prefazione e con cinque acqueforti di Domenico Faro, e infine edito da Sellerio nel 1996. Di quel libro e della sua storia si sa tutto.

Qui vogliamo dire che Aglianò prima del 1945 non era uno sconosciuto nella repubblica delle lettere. Già fin dal 1939, quando aveva ventidue anni, aveva buoni commerci col suo concittadino Elio Vittorini; lo testimonia la lettera di Vittorini del 9 novembre 1939, in cui alle richieste di Aglianò di avere copia delle recensioni dei suoi libri, evidentemente per poterne scrivere, rispose amichevolmente, dandogli del tu, di non averne conservato copia e che per “Conversazione in Sicilia” vi erano “delle difficoltà di censura da superare”. Ma anche la lettera dell’11 febbraio del 1940, rivela una certa affettuosa confidenza tra i due, perché Vittorini, tra l’altro, rispondendo ad Aglianò che voleva scrivere un saggio su di lui, gli fa l’elenco delle opere sue tradotte distinguendo quelle ordinate dall’editore e quelle offerte da lui stesso all’editore. Il saggio di Aglianò uscirà nel “Campano” n. 6-7, 1940, pp. 3-10, un foglio o rivista probabilmente di Siena o di Pisa. Entrambe le lettere sono riportate nel libro “I libri, la città, il mondo. Lettere 1933-1943”.  

Non solo. Aglianò faceva parte del comitato di redazione della Rivista “Il Nuovo Risorgimento” insieme a Guido Dorso, Vittorio Fiore, Emilio Sereni, Manlio Rossi-Doria, Ugo Vittorini, Nino Sansone; nomi che negli anni del dopoguerra in cui uscì la rivista erano parte attiva dell’intellighezia italiana di sinistra. Vittorini ne fa l’elogio in uno stelloncino apparso sull’ultima pagina del n. 29 del Politecnico, primo numero mensile, 1 maggio 1946: “… il primo numero di questo periodico (esce tre volte al mese) a cui va tutta la nostra simpatia per la sua sobria e leale coerenza sulla realtà del Mezzogiorno…” e concludendo: “Ora che la periodicità del Politecnico è diventata mensile, intendiamo dare più ampiezza ai problemi meridionali più volte da noi appena accennati. Per questo speriamo in uno scambio di collaborazioni e di corrispondenze con gli amici de “Il Nuovo Risorgimento”.

Da “Il Politecnico”, n. 2 ,6 ottobre 1945.

E, in effetti, lo scambio di “corrispondenze” con la rivista meridionalista ci fu, e sarebbe opportuna anche un’indagine critica sui rapporti, anche ideologici tra le due riviste. Fatto sta, tuttavia, che Aglianò già collaborava col Politecnico, poiché sul n. 2 del 6 ottobre 1945 troviamo un suo intervento antiseparatista col titolo “Uscire dall’isolamento”, ma col nome proprio errato per un rifuso tipografico, Salvatore invece di Sebastiano. Scrive Aglianò: “Un’attenzione particolare è dedicata oggi alla Sicilia, per essere stata la prima regione ad essere liberata dal fascismo. Si discute (eterna questione) del latifondo, dell’autonomia regionale, delle condizioni delle classi disagiate, dello stato dell’agricoltura: problemi che occupano un posto notevole nella pubblicistica di questi anni di assestamento. Per me di tutti i problemi siciliani il più importante è il problema dell’educazione. S’intende educazione non scolastica, ma quella che allarga gli orizzonti, che diviene stimolo all’azione di ampie vedute”. E ancora: “Si è detto che il separatismo venne stimolato dalle forze conservatrici, soprattutto dai grandi proprietari terrieri e dalla nobiltà ancora feudaleggiante. Ciò può essere e può non essere vero: quello che importa è lo spirito delle cose. Il separatismo farebbe della Sicilia ciò che nell’ambito europeo e mondiale ha fatto il fascismo dell’Italia: rafforzerebbe il circolo chiuso, i confini dello stato-gabbia”.

Da “Il Politecnico”, n. 29, mensile, 1 maggio 1946

E poiché il saggio “Cos’è questa Sicilia” venne stampato nell’aprile 1945, appare evidente che l’amico Vittorini ne aveva conoscenza e l’articolo che egli pubblica sul Politecnico sembra quasi un capitolo del saggio, per stile, per argomento, per la capacità narrativa. Se poi si considera che l’intervento di Eugenio Montale sul fiorentino “Il Mondo” è del 7 luglio 1945, sorge il sospetto che sia stato Vittorini a coinvolgere Montale, con cui aveva strettissimi rapporti, e a suggerirgli di recensire l’operetta del suo concittadino e amico Aglianò, del giovane professore ventottenne di cui Montale già conosceva alcuni saggi di critica foscoliana. Importante allora appare il gioco delle date.

E’ certo che l’articolo di Montale mise a tacere diffidenze e incomprensioni, attirò l’attenzione dei più importanti editori al punto che Cesare Pavese tentò inutilmente di ripubblicare il saggio con i tipi di Einaudi.

Enzo Papa

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