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SUONNU DI MASTRU TARLINU di Francesco Lombardo.

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SUONNU DI MASTRU TARLINU di Francesco Lombardo.

ESTRATTO dalla Rivista NETUM del Febbraio 1976, pagina 24

SUONNU DI MASTRU TARLINU

di Francesco Lombardo

Dalla prefazione (Como,1944) a Munnu, peni e gioi mei di Francesco Lombardo, riportiamo questa pagina, per noi molto «significativa».

Noto: Monumento a Mariannina Coffa, inaugurato il 5 Giugno 1892, in una foto di Biagio Iacono.

 Pochi sanno che Vincenzo Coffa Caruso – fratello della poetessa Mariannina Coffa –  ebbe a scrivere un poemetto in sesta rima, Lu lamentu di lu pitturi – Suonnu di Mastru Tarlinu. Il poemetto venne stampato in pochissimi esemplari, nè venne mai pubblicato. Il volumetto tocca sul vivo, con la sua esuberante satira, figure della vita notigiana ancora viventi; né credo che, ormai, dalla nuova generazione si potrebbero identificare quelle persone di cui vien fatto il nome. Mastru Tarlinu impersona l’Autore: è un povero pittore il quale sogna di ‘rivedere Nuotu Anticu con il suo ambiente e i suoi palazzi e ne trae spunto per sapidi confronti con la nuova città e con gli uomini nuovi. La parlata del Coffa è, ideologicamente, notigiana, ma si adagia, per vocaboli spesso e per grafia, sul dialetto del Meli, ripudiando il nostro eh. Il pregio del volumetto è la freschezza e la naturalezza delle immagini, proprie del tessuto culturale del vergine ambiente del-la campagna e del lavoro artigiano; il lamientu rimane, con la sua critica, nell’ambito di Noto e si alimenta delle peripezie del-l’Autore, rimpolpate di cronaca leggera ove fischia la sferza sapida a flagello di un ambiente che il Poeta guarda al riflesso della propria morale adamantina e che rivela con evidenza la sua amarezza per essere stato, ed essersi creduto maltrattato…

  ‘Nzulu era un fanciullone che rimase sempre estraniato dai problemi realistici della esistenza; la sua cultura era privatistica. ma ecclettica. Vorrei quasi dire che egli avesse studiato soltanto per l’anima, così che la parola e l’esperienza dei Grandi era servita soltanto per illuminargli la coscienza, senza che que-sta avesse mai sentito il bisogno di riportare nella pratica il bagaglio delle acquisite cognizioni. L’amico ‘Nzulu era fatto per riempire il suo tempo esclusivamente di esercitazioni poetiche ed affettuose, egualmente capace di intenerirsi per l’amico, per l’estraneo, per l’ignoto, per la pettirosso, per il bocciolo di rosa ch’egli covava con gli occhi, curandone lo sviluppo, nel vaso al balcone della casa paterna, ‘a calata ri Sant’Antuninu, ove nacque la dolce Mariannina. Per questo gli volevo un bene dell’anima ed anche perché non seppi mai disgiungere quella personalità di grande sensitivo fanciullo dall’afflato immanente, che sentivo come una presenza in atto di rivelarsi, nella casa e spesso anche nell’uomo, di quella dolce sorella il di cui verso è una musica angelicata, delicatissima, cosicché Paisiello, Scarlatti, e Lei egualmente parlano al al cuore e commuovono!

   Provatevi a recitare le liriche della Coffa senza voler com-prendere pensiero e significato e vi sentirete trascinati all’emo-zione come da un violino o da un’arpa. Questa eletta figlia di Noto non componeva, pensava, senza quasi saperlo, in rima e le parole non le disponeva il pensiero volitivo, ma la sua anima, ma il suo cuore, ma il suo spirito; credo che sognasse perfino in poesia, tant’era adusata a far di quella la normale attività di manifestazione. 

Francesco Lombardo in una foto di Biagio Iacono nel 1974.

   L’amico ‘Nzulu aveva la stessa anima sensitiva della Sorella, ma da essa si differenziava sopra tutto per il modo e il mezzo dì manifestazione: nell’amico v’era la resistenza del tessuto culturale e la difformità di vita interiore, attraverso la quale il pensiero stentava a filtrare e l’anima trovava ‘nella parlata, specchio evidentemente meno terso, mentre, nella Grande, il dolore aveva distrutto tutti gli spessori del tessuto, riducendolo a velo diafano e dolore e cultura e sensibilità, insieme fuse, si traducevano in un’unica armonia che il terso specchio della parola rifletteva senza sforzo e senza inceppamenti. La vita facile, per paterna eredità, aveva sospinto il giovane a scivolare sulla realtà senza sentire il bisogno di risolvere i problemi usuali dell’esistenza; aveva studiato per diletto lettere e pittura e quando l’inesperienza, che costrinse il fanciullo a rimaner tale anche nell’età matura, lo pose di fronte a difficoltà materiali, egli non seppe risolverle, non seppe trovare la strada del sacrificio, della rinuncia, e rimase, da dilettante, pittore e poeta. Era tardi, ormai, del resto.

   La sua sincerità di sentimento, che lo conquistò alla predicazione evangelica, facendogli intravvedere un modo di conciliare la sua puritanità con le insopprimibili esigenze dei bisogni economici, lo tradì anch’essa e lo mise allo sbaraglio in un ambiente chiuso ed ostile alle grandi svolte interiori nel campo religioso specialmente. Pochi lo compresero o lo scusarono, ma egli ebbe ii torto di non comprendere, a sua volta, né l’ambiente, né l’assenza di appoggio alla sua nuova improvvisata attività evangelica.

   E credette sinceramente di essere un martire dell’idea cristiana com’egli veramente la sentiva: e s’ingannò, come egli stesso mi parve riconoscere negli ultimi anni della sua infelice esistenza. Ero lontano quand’egli moriva in casa terrana, perché aveva dovuto lasciare quella paterna per debiti d’imposta; negli ultimi tempi – lo seppi dopo – ebbe a soffrire la vera indigenza. Gli fu di conforto l’assistenza della moglie, la Signora Nora, (figlia del nostro grande Giuseppe Melodia), pampina ri pararisu, tanto buena ed affettuosa e semplice essa fu. Non so, lontano come sono, se essa viva ancora all’Ospedale di Noto, ov’essa ottenne ricovero per difetto di attività economiche e per vecchiaia. Ad essa giunga, in terra od in cielo, la mia commossa ammirazicne e l’affetto vivissimo dello spensierato giovinetto che scapiddu (com’ella mi chiamava quando mi vedeva giungere in casa sua senza cappello), alle ore più impensate, sentiva il bisogno della cara ed affettuosa compagnia dell’amico ‘Nzulu, dal quale lo separavano ben quarant’anni di età, ma tenacemente lo legavano il sentimento, la comunanza di molte visioni della vita interiore e la profonda e tenera amicizia.

Francesco Lombardo (1883-1977)

LEGGI TUTTO IN ORIGINALE PDF CON UNA POESIA:

MASTRU TARLINU di LOMBARDO

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