DUCEZIO nella Storia Millenaria di Noto: Seconda puntata del docu-film di Biagio Iacono e Gianni Manenti.

DUCEZIO nella Storia Millenaria di Noto:
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Seconda puntata del docu-film di Biagio Iacono e Gianni Manenti.
DUCEZIO – Nella prima puntata di questo docu-film sulla Storia millenaria di Noto abbiano accennato al Mito di Ducezio, condottiero siculo vissuto nella metà del V secolo avanti Cristo, come sappiamo dalla già citata Biblioteca storica di Diodoro Siculo, secondo il quale a Neas o Neai Ducezio nacque nel 488 a.C.
Questi munì Neaton di gigantesche mura e grandi torri per renderla inespugnabile grazie, anche, alla straordinaria posizione della città sul Monte Alveria, il quale era circondato da profonde pareti rocciose il cui istmo d’accesso era ben difeso da uno stretto passaggio fortificato. Concludevamo dicendo che il Mito di Ducezio, re dei Siculi, valoroso guerriero per l’indipendenza della Sicilia dal dominio dei Greci, si perde anch’esso nella notte dei tempi e che, con la sua morte, Neaton cadde in mano ai Greci e fu soggetta a Siracusa. In questa seconda puntata ci soffermiamo – solo per pochi cenni – sulla leggendaria Storia di Ducezio ricordando che i Siculi vennero in Sicilia molto prima della caduta di Troia, ove trovarono i Sicani, un popolo indigeno che essi combatterono e confinarono nella parte ovest dell’Isola.
È naturale, quindi che i Siculi, nella loro invasione, invadessero prima le coste marine della Sicania: questo perché essi, essendo vessati dai Fenici e dai Tirreni, cominciarono ad occupare le località marine fortificate, ove costruire le loro città e villaggi.
A questo punto, interrompiamo la nostra narrazione per proseguirla citando testualmente la monografia Noto, la Ingegnosa del prof. Gaetano Gubernale, datata 19 febbraio 1929 nella collana Le cento Città d’Italia e, per i Quaderni della Rivista Netum, ristampata dal prof. Biagio Iacono il 19 febbraio 1986 sottotitolandola Una perduta Città di sogno:
<< Dopo, una tribù sicula, dalla marina salendo sui monti dell’attuale Noto e adocchiando l’ameno e ben munito sito dell’attuale contrada Mendola o Aguglia, ivi si attendò ed iniziò la costruzione del villaggio che fu appellato Neai (le nuove) quasi ad indicare la ricostruzione di nuove case, ed ivi stette per alquanti secoli sfidando i nemici naturali ed umani, vivendo quasi una vita autonoma e poi sotto la signoria del Re dei Siculi. Venuti i Greci in Sicilia, a loro volta occuparono le località marine, ma furono strenuamente contrastati dai Siculi, per cui nacquero varie vicende guerresche che non ebbero tregua e che furono spesso di esito incerto. In entrambi i popoli pari era l’ardore della lotta: i primi spinti dallo spirito conquistatore e colonizzatore. Gli altri da quello della conservazione e della intolleranza ad ogni invasione straniera. In questo stato di cose, circa l’anno 488 a. Cristo, nacque in Neas, da cospicua famiglia, Ducezio che fu di alto ingegno e di virtù guerriere dotato. Giovanissimo impugnò le armi e concepì l’ardito disegno di liberare la Sicilia dal dominio greco preparando la prima guerra di indipendenza in Sicilia.
Profittando delle interne discordie di Siracusa e di altre città di greca origine, riunì le forze dei popoli siculi sparsi nell’Isola, di cui fu proclamato re e condottiero; fondò Menae in un punto strategico tra Catana e Siracusa; costruì attorno al tempio dei Palici case e fortificazioni che dovevano permettergli la ritirata in caso di sconfitte; distribuì alquante terre ai commilitoni; soggiogò Enna per difendersi dagli Agrigentini; prese Morganzio con abile strategia ch’egli descrisse nel suo poema Morgantide; mosse contro Catania e ne scacciò i greci, obbligandoli a ritirarsi ad Inessa: ma anche questa città fu conquistata dal valore del siculo condottiero Ducezio.
I Siracusani, visto il pericolo, si allearono cogli Agrigentini. Nel frattempo, cioè verso il 440 a. C., Ducezio pensò di preparare la difesa della sua città natale che si trovava esposta alle insidie di due città greche sorte dopo la edificazione di Neas: cioè da un lato Siracusa potente e, dall’altro, Acre sua colonia. Ordinò quindi il trasferimento di Neas nella località oggi detta Monte Alveria, sul cui altipiano iniziò la nuova costruzione che fu chiamata Neeton o “nuovissima”, che garantì con potenti muraglioni e formidabili torri, rendendola imprendibile anche per il favore della natura. Alla edificazione di questa città contribuirono tutti i Siculi eccetto quelli di Ibla che ne furono esentati forse per la meschinità delle loro condizioni finanziarie o per speciale privilegio.
Sistemate in tal modo le cose della patria sua, Ducezio trasferì la capitale dei Siculi nella città di Trinacria e quindi mosse contro gli alleati Siracusani ed Agrigentini che divenivano minacciosi di giorno in giorno. Strinse d’assedio Mozia fortemente difesa, e diede battaglia ai suoi allegati che egli sconfisse nei primi scontri; ma sopraffatto dai nuovi formidabili aiuti e rinforzi pervenuti ai suoi nemici, si credette perduto, ma nondimeno fece prodigi di valore sfidando arditamente la morte nelle più accanite battaglie.
La sorte cominciava ad avversare il valoroso duce, per cui alcuni potenti suoi seguaci pensarono di disfarsene; ma Ducezio, appena lo seppe, per non cadere vittima dei suoi, si consegnò spontaneamente ai Siracusani che lo mandarono in esilio in Corinto, facendogli prima giurare che non sarebbe mai ritornato in Sicilia. Ma – come disse lo storico Ettore Pais – Ducezio era uomo troppo attivo e tenace per vivere in ozio. Cinque anni dopo, spinto dall’Oracolo che gli aveva imposto di fondare in Sicilia una città, abbandonò l’esilio e ricomparve nell’Isola, sulle coste settentrionali, ove iniziò la fondazione di una città che si chiamò Calacta – secondo il voto – riunendo in essa un esercito di fidati connazionali.
Con questo esercito, egli combatté ancora ottenendo mediocre successo, e mentre preparava un ultimo formidabile assalto alla potenza greca in Sicilia, cessò di vivere nel 440 a. Cristo, poco meno che cinquantenne, nella città che aveva fondata per volere dell’Oracolo. Morto Ducezio, Neeton – che andava sempre più sviluppandosi – cadde in potere dei Greci e seguì le sorti di Siracusa, passando con questa sotto i Dionigi, Agatocle, Pirro e Jerone II e, poi, sotto il dominio di Roma. >>
a cura di
Biagio Iacono e Gianni Manenti